Roma E due. Dopo un agosto passato a discutere di quali fossero le misure più adeguate da inserire nella manovra e con i giornali che ogni giorno annunciavano in prima pagina questo o quell’intervento - aumento dell’Iva sì, aumento dell’Iva no, manette agli evasori sì, manette no e via andando - si ricomincia. E sul decreto sviluppo si apre la querelle condono che - nonostante la secca smentita di Palazzo Chigi arrivata venerdì sera - è ancora nel vivo. D’altra parte, il comunicato che escludeva ogni ipotesi di sanatoria non ha avuto il via libera del Cavaliere che - in Russia per la festa di compleanno di Vladimir Putin - pare sia irraggiungibile. Insomma, per il Cavaliere una giornata di relax completa dopo settimane passate tra le beghe politiche e quelle giudiziarie. Con nessuno dei suoi più stretti collaboratori in grado di rintracciarlo. E con Giulio Tremonti che ha fatto fuoco e fiamme pretendendo quella smentita che, per evitare l’ennesimo scontro all’arma bianca, Gianni Letta ha deciso a malincuore di vistare.
Il punto, però, è che ancora una volta un provvedimento di natura economica spacca in due governo e maggioranza. Anzi, ad essere più precisi, da una parte c’è un sempre più solitario Tremonti (almeno rispetto al Pdl) e dall’altra tutto il resto del suo partito. Con la Lega - più o meno convintamente a seconda si parli con il «cerchio magico» o con i «maroniani» - a fare da sponda al titolare di Via XX Settembre. Una situazione sempre più critica, soprattutto alla luce dei danni che ha fatto la confusione di questa estate sulla manovra. Molti degli osservatori internazionali, infatti, attribuiscono anche all’ottovolante agostano sulla manovra il triplo downgrading arrivato dalle agenzie di rating Standard & Poor’s, Moody’s e in ultimo Fitch. E dunque lo scontro che si preannuncia sul decreto sviluppo difficilmente porterà qualcosa di buono.
Sulla questione Paolo Romani - il ministro dello Sviluppo economico che coordina una sorta di cabina di regia sul provvedimento - non si sbilancia. Ma è chiaro che quando dopodomani incontrerà i suoi colleghi di governo la questione sarà ampiamente trattata. Perché se Tremonti si è schierato apertamente per il «no» - dicendo in una intervista ad Avvenire che un condono significherebbe «frenare sul nascere il progetto di contrasto all’evasione fiscale» - i suoi colleghi di governo e maggioranza sono su un’altra linea. Nonostante la smentita di Palazzo Chigi - non concordata però con Berlusconi e, di fatto, autorizzata da Letta per mettere un freno alla furia di Tremonti - sono in molti infatti a rilanciare l’ipotesi della sanatoria per rastrellare fondi necessari a dare al decreto sviluppo una «forza» che non avrebbe. Chi lo dice fuori dai denti è il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. «Per l’abbattimento del debito - spiega - il governo dovrà mettere in agenda una patrimoniale morbida, la riforma delle pensioni, un piano per le dismissioni e se questo non basta anche un condono edilizio e fiscale». Più chiaro di così. E pure il suo vice Osvaldo Napoli dice che non si scandalizzerebbe nel caso si facesse una sanatoria «a patto però che i soldi vengano buttati nel rilancio dell’economia». Sintomatico, poi, che uno prudente come il ministro Raffaele Fitto si limiti in proposito a un «no comment».
Insomma, nonostante la smentita - quella senza il sigillo del premier - la questione è ancora tutta aperta. E la prossima settimana sarà l’ennesimo tema di scontro tra Tremonti e il resto del governo.
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