Sandro Pertini, vita di un uomo «contro»

Sandro Pertini, vita di un uomo «contro»

«La politica come servizio con onestà e rigore», queste parole racchiudono ciò che Pertini definiva la sua «fede» e che ben si ripercorre nel libro di Andrea Gandolfo Sandro Pertini. Dalla Nascita alla Resistenza 1896-1945 (Aracne Editrice). Biografia in 552 pagine più un'altra cinquantina di testimonianze, sentenze dai processi, documenti.
Gandolfo ha all'attivo opere su Sanremo (dove vive), Imperia e ha scritto un testo sull'insigne ligure, a fine anni '60 Presidente della Camera dignitoso (connotato schiantato ai giorni nostri dall'uomo Fini) e a fine '70 Presidente della Repubblica, il più amato dagli italiani. Il libro onora i 150 anni dell'Unità come afferma il prefatore Antonio Ghirelli: «pochi italiani sull'esempio di Garibaldi e Mazzini hanno identificato l'esistenza con la lotta per la libertà e il bene della Patria».
Precauzioni per l'uso: due parti, almeno, si leggano con il confronto di altri libri. La prima: il 1920 dell'occupazione delle fabbriche, anno in cui Pertini si candida nella lista Psi della sua Circoscrizione ed è eletto. Nell'autunno del '20 compaiono le prime squadre fasciste e, dal libro, quel «periodo drammatico vide il dilagare delle violenze squadriste». Dall'acuto e sereno storico Carlo Morandi: «Perché gli stabilimenti potessero continuare a produrre gli operai avevano bisogno dei tecnici e degli ingegneri. Ma questi che un tempo avevano spesso condiviso le aspirazioni del nascente socialismo, s'erano allontanti dalle masse rivoluzionarie diventando fascisti e simpatizzanti». La causa è nella Storia d'Italia di Montanelli (esecrata perché divulgativa): «Tre anni di guerra civile avevano ispirato al Paese un desiderio: l'ordine, e il fascismo lo prometteva». Anzi Cesare Rossi coniò uno slogan: «Prima mussoliniani, poi fascisti» poiché si riteneva che Mussolini sarebbe stato il domatore del fascismo e dello squadrismo. A pacificare gli animi seguì nel '27/'28 la ripresa economica.
Seconda parte, da vagliare con altre fonti: l'attentato di via Rasella. Cito di Piero Buscaroli Dalla parte dei vinti o Via Rasella, 50 anni di menzogne di Pierangelo Maurizio. Con questa avvertenza bisogna poi lasciarsi immergere nel libro con il ritmo di un fiume, fin manzoniano nelle pagine riguardanti la famiglia, l'infanzia a Stella, gli studi, e che conserverà tale cadenza nei lunghi anni di carcere, come una vita in tempo reale.
Di Pertini si ricordano due fratelli perché in tempi di furori le scelte delle famiglie furono laceranti. Pippo, squadrista, iscritto al Pnf; Eugenio che espatriò in Usa per essere commerciante e tale ritornò a Genova. Nel '44, appresa la falsa notizia che «Sandro era morto», entrò nella Resistenza, si distinse, fu deportato a Flossenbürg e ucciso dalle SS qualche giorno prima dell'arrivo degli Alleati.
Di Pertini giovane colpiscono tratti di un carattere assoluto: dopo un ginnasio splendido al Chiabrera di Savona, si ritira nei primi mesi di liceo. In italiano è sempre stato bravissimo: un piacere leggere le sue lettere, seguirlo come giornalista di cui Paolo Lingua scriverà: «Pertini usa la spada - verrebbe voglia di dire l'ascia - e disdegna il fioretto. I suoi “fondi” sono durissimi e acri». Ma si ritirò in contrasto con il dannunziano Gaspare Mammarella, docente di latino e greco, e continuò a seguire il «maestro» Adelchi Baratono, insegnante di filosofia e nel '21 deputato nelle liste del Psi. Ne rievocherà la morte nel '47 con un articolo evidenziando il suo carisma e l'entusiasmo.
Per Pertini conta l'amicizia: con Turati (che nel '20 riteneva Mussolini l'unico che potesse pacificare l'Italia), con Gramsci (casa penale di Turi) benché divergessero le posizioni di socialisti e comunisti. Molti i processi in cui è coinvolto anche solo per questioni di principio come nell'alterco con l'agente-secondino Cuttano: «Siamo uomini e non bestie». Nei processi però si prende la ribalta dell'opinione pubblica e si afferma come politico, pur se «nel suo partito sarà un emarginato».
È un salutista che per le privazioni del carcere si scontra con la Tbc. Con la lontananza forzata rinuncia agli affetti: la madre, l'amata sorella Marion, la fidanzata Matilde Ferrari che resiste a pensarlo per 13 anni. Il 21 agosto del ’43, dopo l'ordine di liberazione, giunge a Savona, ne riparte il 24 per Roma per il Convegno ricostitutivo del Psi, a breve finirà a Regina Coeli.

Tra le sue amicizie l'avvocato Gerolamo Isetta (genovese e suo difensore in diversi processi) e all'amico Giuliano Vassalli, giurista e compagno di lotta a Roma, che lo farà evadere da Regina Coeli, Gandolfo dedica il libro.
Leggere, passo dopo passo, la storia di un uomo-contro ma innamorato dei poveri, un sentimento che gli aveva insegnato don Umberto Borella dei salesiani di Varazze.

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