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Sangue sulle Ande Italiani nella tormenta Un morto, salvi in tre La spedizione sorpresa dalla bufera sull’Aconcagua Una notte a meno 20 senza tende e sacchi a pelo

«L’Aconcagua è una montagna facile, per salire dalla via principale non occorre neanche la guida. Ma è pur sempre una montagna che sfiora i settemila metri, e come tale risente pesantemente delle variazioni climatiche. E quando in prossimità della vetta, dove non ci sono ripari, vieni sorpreso dal “Blanco”, il vento tipico di quella zona, che soffia anche a 140 km/h e porta con se neve e temperature intorno ai meno venti... rischi la vita». Probabilmente è stato proprio il terribile Blanco descritto da Michele De Santis, esperto scalatore e coordinatore di «Avventure nel mondo», la causa della tragedia che ha travolto l’altro ieri una spedizione italiana sull’Aconcagua, in Argentina, la vetta più alta del continente americano. Un nostro connazionale ha perso la vita: non ha retto alla notte passata senza sacchi a pelo o tende ad appena 200 metri dalla vetta. Gli altri tre sono stati recuperati nella serata di ieri (ora italiana) dalle squadre di soccorso, che li hanno recuperati in condizioni fisiche gravissime: ipotermia, disidratamento, e primi gravi segni di congelamento alle estremità degli arti.
La spedizione era arrivata quasi alla fine; lasciato l’ultimo campo nel primo pomeriggio di martedì, gli italiani avevano quasi raggiunto la vetta. Sorpresi dalla bufera pochi passi dal loro obiettivo, il gruppo formato da quattro italiani e una guida locale ha deciso di tornare indietro. Ma la violenza dei venti e l’immediato crollo delle temperature (venti sottozero), hanno spinto gli scalatori a scegliere la via più rapida; ma anche più difficile e meno battuta.
Questo l’inizio della tragedia: disorientati dalla tempesta, i cinque hanno smarrito il sentiero e sono rimasti bloccati nei pressi del Ghiacciaio dei Polacchi; e qui, nello stesso punto in cui solo una settimana fa aveva perso la vita uno scalatore tedesco, quella che è considerata una montagna «facile» diventa un terreno insidioso anche per gli alpinisti più esperti.
Per le quattro famiglie di Matteo Refrigerato, 35 anni e Mirko Affasio, 39 anni, entrambi originari di Cairo Montenotte, nel savonese, e di Marina Attanasio, di 38 anni, ed Elena Senin, di 38 anni, entrambe di Milano, la giornata di ieri è trascorsa nell’angoscia. Le difficoltà nel raggiungere i dispersi hanno costretto l’unità di crisi della Farnesina a lasciare nell’incertezza i familiari degli scalatori; le difficoltà di comunicazione sono state per gran parte della giornata così difficoltose che in un primo tempo si è parlato addirittura di due morti.


Per evitare l’assalto dei cronisti la famiglia di Mirko Affasio ha richiesto la presenza di una pattuglia dei carabinieri davanti alla casa di Cairo Montenotte, nel savonese.

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