Bari - Una voragine complessiva da 412 milioni di euro: 326 erano già messi in preventivo, ma gli altri 86 sono un buco che nessuno è riuscito ancora a tappare. E così, mentre i conti della sanità crollano in picchiata e scivolano verso il profondo rosso, le tasse sono dunque inevitabilmente destinate a decollare. In effetti così ha ormai deciso la Regione Puglia guidata dal governatore di Sinistra, ecologia e libertà Nichi Vendola, proprio lui che aveva fatto della sanità il fiore all’occhiello della sua campagna elettorale del 2002, una rincorsa condita dai proclami che lo catapultò sulla poltrona di governatore. Ma adesso il tempo degli slogan è finito ed è ora di far quadrare i conti. Che non promettono nulla di buono.
L’assessore al Bilancio, Michele Pelillo, preso atto della situazione, non ha potuto fare a meno di ammettere che sarà impossibile non fare ricorso alla leva della pressione fiscale. Vale a dire: le tasse con riferimento al 2011 aumenteranno. L’esponente della giunta lo ha detto qualche giorno fa, a margine di un consiglio regionale delicato riguardante proprio la legge che sancisce la chiusura e riconversione di diciotto ospedali, tenendo a precisare però che il deficit è inferiore alle previsioni e comunque non tocca la fatidica soglia del 5 per cento, il limite massimo oltre il quale scatta il commissariamento. Che in effetti non c’è stato, perché da Roma è arrivato il semaforo verde al piano di rientro sanitario.
E così, tra i ranghi della squadra vendoliana c’è chi tenta di strappare un pizzico di ottimismo. Come dire: le cose potevano andare peggio. Una magra consolazione, visto che i pugliesi saranno costretti a mettere mano al portafogli. Il provvedimento è atteso per giugno, quando sarà varata la legge di riconversione del bilancio. L’Irpef dovrebbe aumentare dello 0,50 per cento. Un ritocco a pioggia, che graverà su tutte le fasce di reddito. È questa la decisione presa per tentare di rimettersi in carreggiata e tappare le falle del sistema sanitario pugliese.
Nei giorni scorsi le Asl hanno snocciolato i numeri fornendo un quadro preciso quanto impietoso: il disavanzo è di 326 milioni di euro, cifra che risulta comunque coperta; ballano invece altri 86 milioni. Dalla Regione si difendono e fanno sapere che tutto dipende da una stima sbagliata del gettito Irap da parte del governo e comunque tirano un sospiro di sollievo per il mancato commissariamento. Ma come se non bastasse, sulla giunta piove anche la bacchettata della Corte dei Conti. La sezione regionale di controllo dei giudici contabili, con riferimento al bilancio consuntivo del 2009, scrive infatti che «emergono profili di violazione di norme imperative». Il motivo: pur non avendo osservato il patto di stabilità, la giunta ha speso un fiume di denaro in collaborazioni e consulenze. In tutto altri due milioni di euro.
Il tasto dolente rimane comunque quello della sanità, antico cavallo di battaglia di Vendola che non risparmiò pesanti critiche quando in Puglia era governatore l’attuale ministro degli Affari regionali del Pdl Raffaele Fitto. Il quale il 19 agosto del 2002 pensò bene di presentarsi a Terlizzi, città natale del leader di Sel, per illustrare il piano di riordino ospedaliero. Non lo avesse mai fatto: fu accolto da slogan scanditi da altoparlanti, lancio di uova e improperi vari. Al punto che, dopo aver cercato inutilmente di affrontare la muraglia umana che inveiva contro di lui per spiegare il suo progetto, fu costretto a fare retromarcia e tornarsene indietro, mentre i carabinieri tentavano di riportare la calma; due militari rimasero feriti.
Fatto sta che ora all’ospedale Sarcone di Terlizzi, considerato il simbolo dell’autoproclamata «rivoluzione gentile» targata Vendola, molti reparti sono rimasti chiusi, nonostante le promesse.
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