Una degenza media in un ospedale pubblico del Lazio costa 3.400 euro, contro i 2.700 del servizio privato in convenzione. Sono dati che la dicono lunga. Il marasma della sanità regionale si arricchisce ogni giorno di nuovi capitoli. Sprechi, scandali. Marrazzo accusa tutti. Governo, amministrazioni precedenti, alleati.
Gli ultimi fatti di cronaca giudiziaria sono stati per il governatore del Lazio il pretesto per puntare il dito contro il privato, per mettersi nei panni del salvatore della sanità. Lui da una parte, i reprobi dallaltra.
Ma non è così per il senatore del Pdl Cesare Cursi, presidente dellOsservatorio sulla salute (che ha condotto uno studio ad hoc e ha in programma una serie di convegni nazionali) e presidente della commissione Industria di Palazzo Madama: «Sotto accusa non è il ruolo prezioso e insostituibile del privato, - dice - semmai lo è, ancora una volta, il sistema di controllo pubblico che ha dimostrato di non funzionare».
Anche perché è difficile affermare che i conti della sanità nel Lazio non risentano della gestione allegra della cosa pubblica... «No - dice Cursi - basta fare delle cifre. Il Lazio ha un disavanzo di gestione, per ciò che attiene al servizio sanitario, di più di 2 miliardi lanno. Le cifre apparse sui quotidiani in questi giorni, e riferite a presunti illeciti amministrativi di alcune strutture in convenzione, sono in confronto importi irrisori. Per carità, è doveroso intervenire, anche con vigore, ma non è quello il buco della sanità».
Il presidente dellOsservatorio si riferisce, senza ombra di dubbio, alle inefficienze complessive del sistema. «Il 67% delle prestazioni specialistiche e radiologiche - spiega - risultano inappropriate, ogni anno si sprecano miliardi di euro per prestazioni inutili. La riforma introdotta dal decreto 502/92 ha sancito il diritto di concorrenza tra pubblico e privato in sanità, perché la competizione avrebbe garantito maggiore efficacia. Ma la riforma prevedeva anche lobbligo di pareggio di bilancio per le Asl, pena lallontanamento dei manager inadempienti. Bene, nel Lazio - dove tutte le Asl hanno i bilanci in rosso - si è pensato di fare il contrario e promuovere indiscriminatamente tutti i direttori con la triste sanatoria del luglio scorso. E oggi, di fronte al disastro, si minaccia di cacciarli per mero populismo».
Nel settore pubblico, checchè ne dica il centrosinistra, le cose vanno molto peggio che nel privato. «Una degenza nel pubblico - spiega Cursi - costa al Ssn mediamente 3.400 euro, contro i 2.700 del privato in convenzione. Circa il 30% in meno. Cè unazienda ospedaliera, nel centro di Roma, che con la giunta di centrodestra chiudeva il bilancio con 35 milioni di disavanzo. Con la sinistra al governo regionale siamo arrivati invece a 91 milioni, eppure nessuno spiega il perché. Ma è la somma di tutti questi perché che ha creato lenorme buco di gestione che caratterizza lamministrazione Marrazzo. È lintero sistema da rivedere, non la singola voce di spesa». Il confronto con le altre regioni italiane, poi, rischia di essere impietoso per la sanità laziale.
«Il Veneto, che ha più o meno gli stessi abitanti del Lazio - rivela Cursi - spende ogni anno 5 miliardi in meno e garantisce unofferta assistenziale di alta qualità. Tanto per fare un esempio, la rete residenziale sanitaria assistita per gli anziani in Veneto conta 20.000 posti letto, contro i 3.000 programmati, e ancora non realizzati, da Marrazzo». Tutto, quindi, fa pensare che il ruolo del privato sia indispensabile nellambito di un processo di riammodernamento della sanità del Lazio.
«Necessario sicuramente - puntualizza il senatore - . Quando la si smetterà di pensare al privato come a un qualcosa di accessorio al servizio sanitario regionale, senza pregiudizi ideologici, allora ci si renderà conto delleffettivo ruolo che questo potrà svolgere. Ma la mia non vuole essere solo polemica. Propongo un confronto.
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