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Rupert Murdoch, nel Belpaese, ha messo in piedi una macchina da soldi che fa paura. Si chiama Sky Italia e nell’esercizio chiuso nel giugno 2008 ha macinato profitti per 439,6 milioni. Per la prima volta dalla sua nascita, quando si chiamava ancora Stream e non era ancora di Murdoch, Sky ha pagato il dividendo: a Rupert, che la controlla al 100% tramite il suo gruppo, News Corp, è andato un assegno di 204,6 milioni. Probabilmente il primo di una lunga serie. Perché dal 2005 in poi la società è andata a break-even, segnando 25 milioni di utile, diventati 162 nel 2007 e 439 nel 2008.
La svolta sta nel fatturato, cioè negli abbonati, che sono raddoppiati. A fronte di costi quasi costanti e di debiti azzerati, i ricavi sono passati da 1,4 miliardi del 2004 a 2,6. Oggi Sky Italia ha 4,8 milioni di abbonati, che mediamente «rendono» 500 euro l’uno all’anno: di questi, dunque, quasi 45 finiscono direttamente nelle tasche di Murdoch sotto forma di dividendo. Tutto ciò senza che il magnate australiano ci abbia investito più di tanto: dei 3,1 miliardi di risorse assorbite nel tempo da Sky Italia, Murdoch ne ha messi solo 1,6. Gli altri glieli ha praticamente «regalati» il gruppo Telecom.
La luce sui conti di Sky Italia l’ha accesa Mediobanca, il cui ufficio studi, R&S, ha ieri pubblicato il primo bilancio riclassificato del gruppo. Un dossier prezioso, perché vedere i bilanci di Sky Italia era ancora più difficile che guardare i suoi canali. Per questi basta pagare. Per quelli, invece, non c’è nessun obbligo di pubblicità e la società non è molto generosa nel fornire i dettagli dei propri conti. Ebbene, Sky Italia è oggi la terza pay-tv europea, dietro all’inglese BSkyB (9,2 milioni di clienti) e la francese Canal Plus (5,3 milioni). Entrambe di Murdoch, naturalmente.
La redditività è esplosa per vari motivi. Tra questi una struttura dei costi competitiva: Murdoch tiene a stecchetto i suoi 3.890 dipendenti. Il costo medio di questi è di 50mila euro l’anno. Lo stesso dato per la Rai è di 89mila, per Mediaset di 81mila. Poi c’è la fiscalità, altro punto a favore: le imposte anticipate nette relative al periodo dell’avviamento, quando Sky era in perdita, hanno generato un credito di 156 milioni nel bilancio 2008 e una riserva di 207 milioni ancora da utilizzare. Mentre l’eliminazione delle agevolazioni Iva (passata dal 10 al 20%) non hanno alcun effetto di bilancio (semmai si traducono in minori margini, ma vista la redditività, Murdoch dovrebbe dormire sonni tranquilli). Ma Mediobanca fa luce anche su un aspetto trascurato di Sky Italia: le sue origini, che risalgono al 1993, con la nascita di Stream in seno al gruppo Telecom. News Corp si affaccia nel 2000, entrando nel capitale, e crescendo successivamente a vari aumenti, perché Telecom decide di uscire da un business allora in profondo rosso. E lo fa nel 2004. Una storia nota. Ma forse è meno noto il consuntivo: la costituzione di Sky Italia è costata, tutto compreso, 3,1 miliardi. Di questi, Telecom ne ha messi ben 1,5; Murdoch solo 1,6.

In altri termini, il magnate australiano si gode oggi tutti i benefici dell’impresa Sky Italia, compreso il testa a testa con Mediaset per fatturato tv, avendoci messo poco più del 50%. Il resto glielo ha generosamente regalato il gruppo Telecom Italia, attraverso le varie gestioni degli anni 1999-2004.

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