«Sanità, urge certezza nei pagamenti»

Continua a far discutere il piano di rientro del deficit sanitario presentato dalla giunta Marrazzo, che ha ricevuto dal governo i trenta giorni per evitare la stangata sulle addizionali Irpef e Irap. Ieri ha detto la sua Mario Di Carlo, capogruppo della Margherita alla Regione, che nei giorni scorsi aveva criticato nel metodo la presentazione del piano avvenuta senza un tavolo di confronto fra tutte le forze politiche, E che ieri si è soffermato sul merito, individuando il «vero male oscuro» della sanità laziale ma non solo negli «oltre 500 giorni di ritardo nei pagamenti dei servizi sanitari da parte delle Asl». «Sarebbe importante sapere - si chiede Di Carlo - nel costo della sanità in Italia e anche nel Lazio, quanta parte di quei costi vanno alla sanità e quante alla gestione delle drammatiche condizioni di cassa delle regioni. E credo che, nel caso del Lazio, questa cifra sia molto vicina ad un miliardo di euro l’anno». Secondo Di Carlo, inoltre, il ritardo record nel pagamento delle fatture alle aziende sanitarie che erogano i servizi pone altri due problemi: innanzitutto il fatto che «nel settore privato si selezionano i più “resistenti”, quelli che hanno maggiore solidità finanziaria e quelli che sono in grado di ovviare a questa anomalia e non è detto che ciò corrisponda alla qualità delle prestazioni erogate», E poi «la cronica incertezza sulle disponibilità dei fondi nel settore pubblico fa sì che ci sia una sovrapposizione tra costi di gestione e risorse economiche che dovrebbero essere destinate alla gestione delle prestazioni sanitarie e che vengono dirottate alle spese di ammodernamento delle strutture e viceversa».
Secondo Di Carlo, «è innegabile che, negli ultimi anni, ci sia stato un aumento delle risorse destinate dalla Regione Lazio alla sanità pubblica e privata. Lo ha fatto la giunta Storace prima, lo abbiamo fatto noi quando ci siamo insediati ma ciò non è bastato. Anzi, per certi versi, ha prodotto un ulteriore aumento del deficit strutturale. Per cui ora ci troviamo in presenza di un settore che è il prodotto della classica “cultura del debito”, cioè un sistema che deve essere riportato sotto controllo. Un controllo che può ottenersi solo nel momento in cui a risorse certe, erogate in tempi certi, corrispondano costi certi». Per Di Carlo, è questa «la sfida delle sfide se si vuole sanare il settore sanitario». «In questo contesto - afferma - va rivisto anche il rapporto tra regione e Stato, a volte fonte di squilibrio, per cui dovremmo domandarci: ciò che la finanziaria di quest’anno prevede di destinare alla spesa sanitaria nel Lazio in quali tempi ci verrà erogato? E se questi tempi sono i tre anni classici, chi pagherà gli interessi tra la cifra stanziata e quella reale del pagamento delle prestazioni corrisposte?». Considerazioni che Di Carlo avrebbe «portato volentieri ad un tavolo di confronto per evitare che accadesse ciò che sta accadendo.

Ovvero che si aprisse la competizione tra tifosi del pubblico e tifosi del privato, tra precari e non precari e così via. Dopo aver chiesto rigore nei comportamenti sul metodo, oggi chiediamo altrettanto rigore nei comportamenti sul merito delle questioni che si intendono affrontare».

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