Sant’Eugenio, i lavori in corso diventano un vanto

La chiusura del centro ustioni? Per un dirigente non è deprecabile ma è un «elemento di pregio»

Mancano le coperte al pronto soccorso: carabinieri in corsia al Sant’Eugenio. E la direzione sanitaria avvia una «verifica interna». Risultato? «Infondatezza dei fatti riportati», per la direzione amministrativa, che si traduce in una lunga nota inviata in redazione all’indomani dell’articolo da noi pubblicato il 6 febbraio scorso. Un’analisi che non spiega perché dal Sant’Eugenio i pazienti gravi vengano trasferiti, ad esempio, a Napoli, oppure perché i lavori di messa a norma non sono stati ultimati, come prevede l’appalto, due anni fa. Tanto meno uno dei motivi della chiusura del centro specializzato nella cura delle ustioni: invasione di ratti.
Il caso scoppia all’indomani del prepensionamento del primario di Chirurgia Generale. Lo affermano gli addetti ai lavori, il Tribunale per i diritti del malato, i rappresentanti sindacali. Come Carlo Maggi, delegato del Cimo, il Coordinamento italiano medici ospedalieri. Lo dicono le denunce inviate alla Regione Lazio. A oggi non è cambiato nulla. Eppure il direttore sanitario del Sant’Eugenio, Piera Spada, prende carta e penna e invia una relazione al Direttore generale della Asl Rm C Elisabetta Paccapelo, per «confutare» quanto scritto dal Giornale in occasione del blitz dei carabinieri: reparti cronicamente in ristrutturazione, sale operatorie chiuse, malati costretti a convivenze impossibili. E persino topi nel reparto Grandi ustionati.
Da piazzale dell’Umanesimo, però, tutto ciò viene visto in altro modo. Scrive la Spada: «L’emergenza, definita perdurante da mesi e non altrimenti connotata, si riferisce all’iperafflusso di pazienti al pronto soccorso, realtà questa diffusa e comune a tutti gli ospedali romani in relazione all’acme dell’epidemia influenzale e limitatamente al periodo di durata di quest’ultima». Come dire mal comune... Parole che confermano quanto scritto: emergenza al Dea, dove i pazienti aspettano ore parcheggiati nei corridoi per una visita. Una realtà che non vuole essere un j’accuse per nessuno, solo una (pessima) «fotografia» della situazione. Che, poi, ci sia stato un paziente con sospetta Tbc accanto ad altri malati lo spiegano agli inquirenti gli utenti e i volontari di Cittadinanza attiva. Stessa cosa per i ricoverati nei corridoi, per la Spada affermazione «gratuita». La prova? Foto allegate dal Tdm nelle denunce e consegnate ai militari. Nel comunicato, scritto dopo una «prima verifica», viene smentita la notizia delle coperte esaurite, motivo per cui i militari accorrono la mattina del 5 febbraio. Ancora: «Analogamente per quanto concerne la Tac guasta trattasi di notizia parimenti falsa», dice la Spada. In tilt da giorni, invece, per il Tdm. Sulle prestazioni di Medicina Nucleare, poi, la direzione ospedaliera sostiene che non ci sarebbe riscontro circa la presunta interruzione delle scintigrafie. Eppure al Corriere della Sera Carlo Maggi dice, testuale: «Medicina Nucleare sta per chiudere: non ci danno i soldi per sostituire il macchinario rotto, indispensabile per le terapie svolte in questo reparto». Nessun accenno, nella nota, ai 15 posti letto al terzo piano inutilizzati da due anni. Dice la Spada: «La temporanea chiusura del Centro Grandi Ustionati, giudicata deprecabile, è da ritenersi, di contro, elemento di pregio (sic) in quanto finalizzata alla riqualificazione.

Allo stesso modo i lavori di manutenzione ordinaria, improrogabili per lo stato di fatiscenza, testimoniano un impegno responsabile e di portata epocale». Epocale, secondo noi, è il ritardo degli stessi: 23 mesi (fine cantiere marzo 2006) per un finanziamento di 3,3 milioni.

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