Milano - Una macchina da soldi. E un numero di decessi che non ha paragoni. È tutto nelle carte dell’inchiesta. Informative, consulenze, capi d’accusa. La Santa Rita fatturava decine di milioni di euro. Alla Santa Rita, si moriva come in nessun altro ospedale.
Un dato così macroscopico «che - scrivono i pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano nella richiesta di arresto - balza immediatamente all’occhio come il numero dei morti nel reparto di riabilitazione è assolutamente spropositato messo a confronto con le altre strutture sanitarie lombarde». Gli esempi, sono quelli dei principali nosocomi pubblici milanesi: il Niguarda e il Policlinico. Dunque, il numero dei pazienti morti nella clinica sotto inchiesta è «dieci volte superiore all’ospedale Maggiore di Milano», e «venti volte superiore al Niguarda». «Si parla - sottolineano ancora i magistrati - di strutture di dimensioni ben più rilevanti della casa di cura Santa Rita. Allora perché tutti questi morti?». E soprattutto, «perché in un reparto, la riabilitazione, dove si dovrebbe essere accompagnati in un percorso di recupero funzionale superata la fase acuta della malattia?».
La risposta, nell’informativa redatta dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, che hanno condotto le indagini. Esiste un capitolo specifico, «situazione decessi». «Nel 2006 - si legge - risultano essere deceduti nei reparti di riabilitazione specialistica delle strutture sanitarie lombarde, 747 persone. Di queste, 54 (il 7,2%) risultano decedute presso il reparto di riabilitazione specialistica della Casa di Cura Santa Rita». Un reparto che ha solo 19 letti. «Tale dato - prosegue il documento - appare ancora più rilevante se si pensa che nella struttura in esame sono stati complessivamente registrati, sempre nell’anno 2006, 336 decessi». Peggio è andata nel 2005. Nel corso dell’anno, infatti, «risultano essere deceduti nei reparti di riabilitazione specialistica delle strutture sanitarie lombarde 569 persone. Di queste, 74 (pari al 13%) risultano decedute presso il reparto di riabilitazione specialistica della Santa Rita. Tale dato appare ben più grave se si pensa che nella struttura sono stati complessivamente registrati 345 decessi dei quali “solo” 51 nei reparti di terapia intensiva, notoriamente a maggior rischio di mortalità». I 19 letti più letali dell’intera regione. «Il trucco - scrivono i magistrati - è piuttosto semplice». «Si ricovera un paziente, di preferenza anziano, meglio se vecchissimo. Il primo esame sul campione esaminato ci indica che spesso si tratta di persone sole». Qualunque sia la patologia, il ricovero viene chiuso prima possibile «incamerando così il Drg». Poi, è come ne I sette piani di Dino Buzzati.
Il paziente viene trasferito nel reparto di riabilitazione «indipendentemente dalle sue reali condizioni di salute». Qui viene aperta una nuova cartella clinica a cui seguirà un nuovo rimborso. Se le condizioni del paziente si aggravano, «poco male. Si chiude il ricovero in riabilitazione (nuovo rimborso), e si ritrasferisce il paziente nel reparto acuti». Un «assurdo palleggio», lo definiscono i pm, che ha avuto «esiti drammatici».
E in cima a tutto ci sono i soldi. Perché la «piccola» Santa Rita fattura come una holding della salute. Le analisi del bilancio dicono che nel 2005, per la clinica milanese «si rilevano ricavi delle vendite e delle prestazioni per 57.921.798 euro» e crediti vantanti con la Asl per oltre 2 milioni.
E il merito, molto, è delle unità di chirurgia toracica e neurochirurgia, di cui erano primari Pier Paolo Brega Massone (ora in carcere) e Mario Baldini (ai domiciliari), accreditate col sistema sanitario nazionale proprio a partire dal 2005. Rispetto all’anno precedente, guarda caso, i ricavi per prestazioni di ricovero convenzionate sono cresciuti del 49 per cento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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