Santanchè contro Moratti nuova lite su Lassini E lui fa un passo indietro

Milano Il caso «è veramente e ampiamente chiuso». Letizia Moratti prova ad archiviare l’affaire Roberto Lassini, il candidato del Pdl alle amministrative di Milano indagato per i manifesti «Via le Br dalle procure». Con un «decideranno gli elettori» in diretta tv si è lasciato aperte le porte di Palazzo Marino. Ma il sindaco ieri ha ribadito: «Sia io che il partito abbiamo in mano una sua lettera di rinuncia irrevocabile alla candidatura». Quella datata 19 aprile e che dice testualmente «lo scrivente Roberto Lassini, a mezzo della presente, intende irrevocabilmente rinunciare alla proprio candidatura nella lista del Pdl». La Moratti ricorda che il Viminale «detta determinate condizioni, quando le liste sono presentate non è possibile ritirare un nome, ma le dimissioni preventive irrevocabili equivalgono a una non candidatura, e io ho ricevuto la copia dal coordinatore regionale».
Ma il caso Lassini ha aperto una frattura tra una parte del Pdl e la Moratti. E anche tecnicamente regna il caos. «Le dimissioni ci sono - conferma il candidato nella bufera -. Non è colpa mia se l’atto di rinuncia che ho presentato non comporta la mia estromissione dalla lista, chi vuole votarmi metta semplicemente una croce sul nome Moratti». Ieri mattina i deputati Paola Frassinetti e Antonio Stracquadanio, delegati alla presentazione della lista Pdl si sono recati all’Ufficio elettorale circondariale per capire se esistono vie di fuga. Ma «secondo la sentenza 1384 dell’1 ottobre ’98 - riferisce Frassinetti - una volta presentata la lista il candidato non può ritirarsi e il partito non lo può escludere». Resta quindi la lettera di dimissioni irrevocabili in mano a sindaco e partito.
Ma per il sottosegretario Daniela Santanchè, fedelissima di Berlusconi, il caso è altrettanto chiuso per la ragione opposta: «Decideranno gli elettori, in democrazia non si può mettere una censura alla libertà di voto. Smettiamola con le polemiche e mettiamoci a lavorare per la Moratti sindaco al primo turno. Lassini ha chiesto scusa, sul suo nome in lista non si può fare altrimenti quindi resta candidato e se sarà eletto vedremo. I milanesi sono capaci di intendere e di volere». Duro contro la Moratti anche Stracquadanio, uno dei falchi del Pdl: «Ha commesso un gravissimo errore politico a porre la questione dell’incompatibilità - attacca -. É stata precipitosa non comprendendo che Lassini ha fatto un gesto nobile, si è caricato l’onere di un manifesto che non aveva fatto lui né aveva visto. Era sufficiente che il sindaco dicesse di non condividere quanto era scritto, non si occupi di Lassini». E domanda, «mettiamo che prenda 10mila voti, sarebbe giusto che si dimettesse? Non sarebbe un tradimento del mandato elettorale?».
La Lega invece fa quadrato e conferma il diktat del sindaco: «Se Lassini venisse eletto dovrebbe dimettersi un secondo dopo» sostiene il capolista Matteo Salvini. In politica «le stupidate si pagano - si allinea il segretario provinciale Igor Iezzi - siamo fieri che la Moratti abbia chiesto subito le dimissioni, a differenze di Giuliano Pisapia che dimostra come a sinistra vale ancora la doppia morale». Il candidato sindaco del Pd «è stato veloce a giudicare il Pdl ma non ha chiesto il ritiro al suo alleato radicale Marco Cappato, che dal palco di piazza Duomo ha detto cose gravissime nei confronti del presidente del tribunale Livia Pomodoro, accusandola di essere vicina a Cl, insinuando pastette con il presidente della Lombardia Roberto Formigoni». La Moratti dopo le recenti voci di attrito ritrova la sintonia con il Carroccio: «L’alleanza è solida».

Indossa una pochette verde per salutare i candidati della lista, legge il programma elettorale tradotto in dialetto milanese. E i leghisti annunciano che il Senatùr Umberto Bossi chiuderà con un comizio elettorale il 13 maggio la campagna per il Moratti bis.

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