Santoro ha già nostalgia del suo nemico Berlusconi

Michele spaesato usa qualsiasi arma contro Berlusconi, da Benigni agli operai. Altre idee? Non pervenute

Santoro ha già nostalgia del suo nemico Berlusconi

La sagoma di Silvio Berlusconi non occupa più il centro della sce­n­a e Michele Santoro è già spaesa­to. C’era da aspettarselo. Dopo aver annunciato alla prima punta­ta il suo programma politico- «Li­cenziare la casta» - ora che tocca parlare di «Un altro governo» so­no guai. Meglio affidarsi a Benigni per dare una scossa, perché «noi italiani siamo capaci di fare gran­di cose quando serve davvero», si allarga Michelone.

E il premio Oscar non delu­de gl­i antiberlu­sconiani gigio­neggiando sul­la «maggioran­za solida», «i traditori» e «la fortuna del Bel­gio che è stato 15 mesi senza governo. Inve­ce noi ce l’ab­biamo anco­ra ». Così, fiato all’orgoglio ita­liano, siamo il Paese del Rina­scimento, del­le banche, del­­l’arte: il Paese della Resurre­zione. Chissà, ora che il pre­mier è caduto Santoro caval­ca lo spirito na­zionale... Mon­ti è il redentore dell’Italia? Mah. Con l’antipa­sto di Travaglio ci si tuffa nelle dimissioni annunciate troppo precocemente dalla coppia Be­chis- Crosetto e da Ferrara. «Una balla dietro l’altra», è la sintesi fi­nale. Ma chi ci capisce qualcosa (anche di Travaglio) è bravo. Il tito­lo è «Un altro governo», ma si con­tinua a parlare di quello che non c’è più.

Chi sono «i traditori», per­ché hanno cambiato idea. Insegui­mento alla Carlucci, intervista ad Antonione, a Stracquadanio. Poi si va a Porto Marghera, tra le raffi­nerie dell’Eni vicine alla chiusura, mentre si sente Berlusconi parla­re dei ristoranti pieni: il gioco, il so­lito, è fatto. Per cambiare arma ma non bersaglio, ecco il presidente della Camera Gianfranco Fini, ne­mico giurato del Cav, deciso a go­dersi la vittoria da generale senza esercito. Inamidato, burocratico, trincerato dietro la linea del Quiri­nale, traccia l’agenda e suggerisce le priorità: «I sacrifici bisogna far­li, meglio che li faccia chi può di più». Via libera alla patrimoniale. Finalmente si comincia a parlare del nuovo governo. Chi ci sta?

Ma­gari il Pdl si spacca con una parte che appoggia Monti e Berlusconi che va con Bossi, butta lì il condut­tore tentando di convincere Fini. Per il quale chiedere «di dare di più a chi ha di più può anche esse­re una cosa di destra». Al duetto Santoro-Fini manca solo il brindi­si finale: il berlusconismo è finito? «Intanto è finito il governo Berlu­sconi, accontentiamoci», gongo­la il presidente della Camera. Tocca a Vittorio Feltri, direttore editoriale del Giornale , difendere il centrodestra, lui che berlusco­niano lo è, ma forse non proprio di origine controllata. Non c’è una sola ragione della caduta di Berlu­sconi, ma una serie di ragioni. Pe­rò, insiste Feltri, attenzione ai trionfalismi: il governo Monti non è ancora nato. I numeri ci sono so­lo se tutto il Pdl lo appoggia com­patto. Altrimenti...

Un Travaglio meno insolente del solito sotto­scrive i calcoli di Feltri. Poi scarica i soliti attacchi al governo che «non ha fatto niente» e ai rappre­sentanti della casta. Il problema però non è Scilipoti, piuttosto il fat­to che non si siano realizzate le ri­forme liberali. Ma, osserva Feltri, con «un ministro dell’economia socialista,la Lega e i veti delle cor­porazioni era un’impresa ardua ».

La verità, incalza Travaglio, è che il decreto Biondi o il lodo Alfano Berlusconi li ha fatti rapidamen­te. «Cioè, le riforme che gli interes­savano ». «Tutte bocciate», sinte­tizza Feltri. «Perché erano incosti­tuzionali », taglia corto Travaglio. Concordando con Feltri sul fatto che Monti «non avrà vita facile». Intanto, c’è la legge di stabilità da approvare di corsa con il conto salato per i dipendenti statali, i li­cenziamenti facili, le esposizioni delle banche. Ne sentiamo parla­re in tutti i tg e i talk show. E va be­ne. Ma la televisione non è un con­vegno.

E la serata non decolla. Manca il duello, mancano le fazio­ni. Un conto è fare una «televisio­ne western »,con il format del duel­­lo all’alba, militante, arruffapopo­li, di opposizione a un nemico identificato in una persona tanto catalizzatrice.

Un altro fare un pro­gramma di critica al governo dei poteri forti, pur composto da poli­tici che hanno prodotto buona parte del debito pubblico attuale. Tutto vero. Però, almeno, è «un al­tro governo». E un altro Santoro.

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