C’è Rosario Fiorello. C’è Maurizio Crozza. C’è Checco Zalone. C’è anche Roberto Benigni. E c’è persino X Factor a rubare la scena del giovedì sera. La vetrina delle prime pagine è tutta per loro. Da ieri poi c’è anche l’allievo Corrado Formigli a batterlo. Chi si ricorda di Michele Santoro? Chi l’ha visto? Ieri sera sono stati 1.164.000 italiani (share del 4,99%); «Piazzapulita» su La7 l’ha superato con 1.341.080 spettatori pari al 6.18% di share.
Altre cifre, altri ascolti rispetto a quelli di soli pochi mesi fa quando il più grande teleoppositore della seconda Repubblica veleggiava oltre 5 milioni e spesso sopra il 20 per cento. Ma l’oblio di Michelone non è solo un fatto di numeri. È un fatto di centralità. Di visibilità. Di leadership della comunicazione. Scegliendo di andarsene dalla Rai per trasformarsi nell’editore di se stesso dopo la rottura della trattativa con La7, Santoro sapeva che sarebbe andato incontro a parecchi rischi. Tuttavia la scommessa era affascinante: rendere permanente il movimento che usava l’informazione come strumento di protesta già visto all’opera con Raiperunanotte e Tutti in piedi, entra il lavoro.
Era il primo esperimento di interconnessione tra piattaforme diverse, tv satellitare, digitale, emittenti locali, web. Una scommessa romantica, un tantino azzardata. Per quanto carismatico, anche Santoro ha bisogno di un hardware che lo sorregga. Un editore vero, un palinsesto, un logo che lo renda riconoscibile, parte di un progetto. Anche se questo progetto - abbattere Berlusconi - era di natura politica e si estrinsecava fuori dalla televisione. Probabilmente Carlo Freccero non concorderà, ma è ancora troppo presto per creare la tv no logo. La televisione non è internet e se si propone di esserlo, di copiarne la «liquidità», si espone anche a tutte le sue fragilità e incertezze. Ripetere in tv il miracolo editoriale del Fatto quotidiano non è così facile.
A Santoro e soci è venuto improvvisamente a mancare l’additivo principale dei suoi successi: l’antiberlusconismo. Per la sua «western tv» il duello permanente con il convitato di pietra (che non entrava mai nel saloon) era indispensabile. Tanto più che l’antiberlusconismo aggregava quasi la metà del Paese e si autoalimentava nelle piazze, con il popolo viola, gli indignados, le manifestazioni di «Se non ora quando». Un movimento diffuso, di cui Santoro era l’epicentro, che al giovedì sera diventava audience.
Ora, in pochi giorni, è cambiato il mondo.
È arrivato #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, quello fatidico, con annessi e connessi. E a Servizio pubblico manca il nemico sotto i piedi. Rispetto allo studio di Annozero, un’arena dove fare esplodere il conflitto, quello del nuovo programma con gru e impalcature rappresenta in modo un po’ catacombale il cantiere di una nuova costruzione. Ma Michelone continua a dare il meglio praticando l’opposizione anche al governo Monti, contestandone punto per punto la manovra. E drammatizzando il sentimento della crisi, per esempio con il servizio sul Monte di Pietà.
Tuttavia, con le correzioni necessarie al decreto salva-Italia, buona parte della popolazione si sta rassegnando all’indispensabile ritorno all’austerità.
E la drammatizzazione del conflitto ora aggrega strati tutto sommato minoritari. C’è il governo delle larghe intese: l’opposizione a Monti è un vicolo stretto, un percorso laterale, intrapreso solo da Di Pietro, Vendola e dalla Lega. E da quelle parti i numeri dell’audience sono un’altra storia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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