«Se ci fosse un pericolo grave per la democrazia e qualcuno mi chiedesse di dare una mano, sarebbe un mio diritto farlo. Io non rinuncio a esercitare i miei diritti politici»: parole e musica di Michele Santoro. Se non è una conferma questa? Mimetizzata in mezzo a una serie di smentite e tentativi di confondere le tracce. Ma di conferma alla provocazione lanciata dal Giornale di ieri si tratta. Michelone è pronto a scendere in campo, avevamo scritto. Disposto a candidarsi come premier, leader carismatico più di Bersani e della Bindi. Capo di una sinistra movimentista, extraistituzionale, antisistema e antiberlusconiana ça va sans dire. Un leader oltre il Pd. È vero: in apparenza Santoro rispedisce al mittente la provocazione. Però è una finta. Perché poi dice: in caso di emergenza democratica «io ci sono, sono pronto a dare una mano».
Parlando ai giornalisti di Bologna per promuovere ancora la manifestazione per i 110 anni della Fiom, «Signori, entra il lavoro. Tutti in piedi!» alla quale interverranno Maurizio Crozza, Marco Travaglio e chissà chi altro (è prevista una sorpresa. Celentano? Benigni? Grillo?), Santoro ha improvvisato un piccolo comizio. La televisione è condizionata da Berlusconi e dai poteri occulti. Chi gestisce un servizio pubblico dovrebbe avere l’orgoglio di farlo meglio del privato. Io potrei propormi come direttore generale della Rai, ho un curriculum più credibile di tanti che l’hanno fatto. Per essere un vero terzo polo La7 dovrebbe essere un po’ meno Telecom. E via distribuendo giudizi e regole a mezzo mondo. Ma la parte alla quale si è dedicato con maggior impegno è stata la finta smentita e la sostanziale conferma alle tesi del Giornale. Fondare un partito? Ma quando mai, «ne vedo già troppi attorno a me». Come dargli torto. Peccato che nessuno avesse paventato un’ipotesi del genere. «Chi sostiene che sto fondando un partito lo fa solo per screditarmi come giornalista», ha chiosato a sorpresa. Vien da pensare che, per dissimulare la sua tentazione, Santoro faccia il modesto. Sono e resterò un giornalista, dice.
Senza accorgersene, stava scherzando. Già adesso Santoro è molto più che un giornalista. Qualcuno pensa davvero che la mobilitazione che portò all’evento di Raiperunanotte fosse l’iniziativa di un semplice giornalista? Qualcun’altro crede che l’editoriale concluso dallo storico Vaffanbicchiere fosse solo la licenza linguistica di un bravo corsivista? Qualcun altro ancora si sente di sostenere che l’intemerata contro il viceministro Castelli terminata con Avete rotto... Fuori i partiti dalla Rai... Siamo stufi fosse l’atto di un bravo conduttore tv? È da parecchio che il virus del leader, del conducator, si è inoculato nell’organismo del giornalista. Lui stesso stenta a controllarlo. Dice che è «stucchevole parlare di persone anziché di idee e progetti». Ma sa benissimo anche lui che la sua televisione è molto più che semplice informazione. Annozero è (stato) un magnete di realtà sociali - categorie, precari, disoccupati - altrimenti invisibili. Un catalizzatore e rivitalizzatore di anime della sinistra che sarebbero spirate. Alle ultime politiche Rifondazione comunista non è entrata in Parlamento. Ma il fondatore del Sel, Nichi Vendola, è (stato) una guest star fissa del giovedì di Raidue. Di Pietro, l’Idv e De Magistris dovrebbero baciare lo studio di Annozero. E Beppe Grillo?
L’ha scritto anche un politologo autorevole come Luca Ricolfi: le elezioni di Milano e Napoli le ha vinte «il partito di Santoro». E i referendum, chi li ha vinti? Santoro, con Celentano. Perché questa è la sorpresa: il partito di Santoro c’è già. Vogliamo chiamarlo movimento? Va bene lo stesso. Comprende da Di Pietro a Grillo, da Vendola a Celentano, da Landini della Fiom a De Magistris e Ingroia. Ed è composto dal popolo della comunicazione, televisione più web, talk show politici più blog e social network. Quello che ha trainato il quorum referendario. Un mondo che continua a sfuggire alla maggior parte dei politici istituzionali. Fateci caso, quando siedono nello studio circolare di Annozero, Bindi e Bersani non fanno mai un figurone come a Ballarò. Risultano opachi, stagionati, senza un Crozza che li rianimi. Michelone frequenta altri mondi, spara le proteste delle operaie dell’Omsa, scarica le invettive di Grillo, usa i linguaggi della rete.
Berlusconi, Santoro lo considera già archiviato, indietro due giri di pista. Anche i leader della sinistra istituzionale li considera, e si dimostrano, superati. Magari indietro di un solo giro. Però indietro.E dunque, se glielo chiedessero...
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