Sport

Sanz, un Real a Parma «Il calcio è triste ma non solo da voi»

«Manca passione vera... Guardate le Merengues: tutto marketing. Alla mia nuova squadra chiedo umiltà»

Tony Damascelli

«Media hora». Lorenzo Sanz fa slittare gli appuntamenti di mezz’ora. Riprovi e lo stesso Lorenzo ribadisce «media hora». Poi si mette a ridere e capisce che l’Italia e la Spagna sono «due cose affini, quasi uguali, dunque parliamo pure tranquillamente».
Dunque Lorenzo Sanz, l’ex presidente del Real Madrid, quello che potrebbe diventare il nuovo mito dei tifosi antijuventini. Perché? Ve lo spiega lui.
«Perché le ultime sei cifre del mio numero telefonico ricordano la data, giorno, mese e anno della finale di Amsterdam, quella vinta contro la Juventus, con un gol di Mijatovic. Le ho volute portare con me sempre, una grande memoria».
Cambiamo numero, por favor, che cosa sapeva dell’Italia, da bambino?
«Che era un Paese affascinante. Ci venni la prima volta che ero piccolo davvero, in vacanza a Palermo. Poi con il football gli appuntamenti si sono moltiplicati. Ma l’Italia per me resta la terra dell’arte, della cultura, dei monumenti, la storia dell’uomo».
Grazie, intanto è il Paese del business calcistico.
«Brutta parola. Il calcio sta diventando troppo un affare».
Lo dice lei, che ha inventato il G14?
«Sì, l’ho inventato io insieme con un grande amico che è Adriano Galliani, un dirigente di eccellenti qualità al quale mi lega un affetto profondo. Con lui furono Beckenbauer e Rummenigge a dare il vero impulso all’iniziativa».
E allora?
«Allora, lo ripeto, il calcio ha perso i suoi valori antichi, di fedeltà e di passione vera. Prendete il Real Madrid, oggi vive di marketing e basta».
Ha anche qualche buon giocatore.
«Sì, sicuramente, ma io parlo dell’immagine perché anche per me il Real resta il Real, la squadra più grande del mondo. Ma guardate bene lo star system, quello che gira attorno ai calciatori».
In Italia suppergiù accade lo stesso.
«In Italia avete tre grandi club, Juventus, Inter e Milan e le altre che cercano di molestarli».
Un caso unico?
«In Spagna i club sono due, in Inghilterra tre o quattro, con l’inserimento del Chelsea dopo Manchester United, Arsenal e Liverpool, in Olanda due, in Francia tre. Come vedete, tutto il calcio è paese».
Intanto i calciatori di ogni dove girano per l’Europa ma gli italiani si fermano nella culla.
«Ho avuto un grande italiano al Real».
Fabio Capello?
«Di Capello parlo dopo. Alludevo a Panucci, un campione, un ragazzo d’oro, con me e con noi si è comportato sempre bene. Dunque i calciatori italiani possono anche emigrare».
Ma non lo fanno.
«Perché il calcio è dei marinai, degli jugoslavi, dei croati, degli olandesi, dei francesi, di quelli che sono abituati ad andare dovunque. Noi spagnoli, come voi italiani, preferiamo stare a casa, vivere con le nostre buone cose, siamo latini. Eppoi io presi un altro reduce dall’Italia, Roberto Carlos, il più grande affare del Real Madrid, da otto anni sempre in prima linea, campione del mondo e d’Europa, esemplare».
Diceva di Capello.
«Fabio è l’allenatore, lui ha competenza, carisma, sa imporre la personalità al gruppo, soprattutto a un gruppo importante. Lo ha dimostrato a Milano, a Madrid, a Roma e ora lo sta facendo con la Juventus. Poteva restare a lungo con il Real ma non poté rifiutare la chiamata di Berlusconi».
Qual è il più grande calciatore in circolazione?
«Vi piace questo gioco? Mi fa impazzire Ibrahimovic, ha un talento incredibile ma credo che Ronaldinho rappresenti in questo momento il calcio, tecnica, tattica e spettacolo. È un fenomeno».
Dica la verità: il calcio italiano con i tribunali, i bilanci fasulli, il doping e tutto il resto non le fa un po’ tristezza?
«Non mi permetto di entrare in questo argomento perché non conosco la realtà delle cose. Devo studiare, è quello che sto facendo con il Parma. Ma il calcio è in crisi di confusione dovunque».
Il Parma. Che cosa ne vuol fare?
«Il Parma deve ricordarsi che è rimasto in serie A all’ultimo secondo dell’ultimissima partita. Da questo deve ripartire, con tranquillità, senza pensare di essere lo stesso di prima, dei trionfi, non dimenticandoli comunque, coppe europee e supercoppe italiane, grandi calciatori. Il passato è un bel momento per la memoria ma anche pericoloso. Oggi il Parma deve sapere che può crescere ma nel tempo, che ci sono le basi per farlo, ha un direttore sportivo di grande competenza, con lui lavoro, con lui parlo continuamente».


Arriverà Del Bosque?
«Media hora, por favor, media hora».

Commenti