Via le sanzioni Ue a Cuba, dissidenti delusi

Bruxelles vuole, almeno per un anno, dare un’apertura di credito al regime. Sprezzante la reazione di Fidel Castro: «Decisione ipocrita»

L’Unione Europea ha deciso di dare al regime comunista cubano un’apertura di credito, rimuovendo le sanzioni - di natura soprattutto diplomatica - in vigore da cinque anni. La svolta è stata presa su iniziativa della Spagna, che intende così incoraggiare le politiche cautamente riformiste del nuovo presidente Raul Castro, il 77enne fratello dell’ex Lìder Maximo Fidel ritiratosi dalla carica per motivi di salute.
Non è stata una scelta facile, perché all’interno dell’Ue soprattutto i Paesi che il comunismo l’hanno conosciuto e subìto (Repubblica Ceca in testa), affiancati da Germania e Svezia, hanno espresso forti perplessità; ma anche perché le principali vittime del regime dell’Avana, i dissidenti politici, non sono per nulla contenti del tipo di messaggio che l’Europa ha dato in questo modo ai propri persecutori. «Sono molto preoccupato per la mano estremamente generosa che è stata tesa al governo di Cuba», e anche «molto pessimista sul futuro - ha detto Oscar Espinosa Chepe, uno dei 75 oppositori condannati a pene fino a 28 anni di detenzione nel 2003, da tre ai domiciliari per motivi di salute -. Il settore più duro del governo può interpretare ciò come un avallo ai suoi atteggiamenti più intransigenti».
Secondo Espinosa Chepe l’Unione Europea «ha rischiato molto senza ricevere in cambio nessuna garanzia» dal governo cubano. «La Spagna in particolare si assume una responsabilità molto grande se il governo dell’Avana non si muove e non comincia a realizzare i cambiamenti». Mirian Leiva, fondatrice delle “Donne in bianco”, movimento che raggruppa le mogli dei 75, ha commentato che «l’Ue ha rischiato molto perché Raul Castro ha promesso molto ma non ha fatto nulla. Le decisioni che ha preso sono dei diversivi e i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati. Se il governo non inizia i cambiamenti, si potrebbe determinare una posizione molto pericolosa», ha avvertito la Leiva, chiedendo al contempo la liberazione dei 55 oppositori, (dei 75 condannati nel 2003) che ancora sono in prigione.
La Leiva ha detto di augurarsi che la decisione non sia stata «presa per favorire interessi economici spagnoli». Ieri il premier di Madrid Josè Luìs Zapatero ha detto che il suo governo «ha chiesto e ottenuto che si togliessero le sanzioni per spingere verso un’apertura del Paese e del popolo cubano» e si è augurato che «l’atteggiamento di tutti i Paesi Ue sia positivo». Ma i dubbi espressi soprattutto da Praga, Berlino e Stoccolma si sono concretizzati nell’inserimento di una clausola che prevede che tra un anno venga rivalutata la situazione.
Col ritiro delle sanzioni si è comunque superato uno stato di cose contraddittorio: dal gennaio 2005 infatti, sempre su iniziativa spagnola, le misure - che prevedevano restrizioni nelle visite ufficiali e l’invito di dissidenti alle feste nazionali nelle ambasciate dei Paesi Ue - erano state sospese e rinnovate ogni sei mesi, ma mai cancellate del tutto per volontà di Praga e di altri Paesi ex comunisti europei.


Ovviamente il governo cubano ha salutato la decisione dell’Ue come «la fine delle ingiuste sanzioni», mentre Washington non ha gradito. Sprezzante la reazione di Fidel Castro: in un articolo ha definito «un’enorme ipocrisia» la decisione della Ue di revocare le sanzioni.

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