Franco Ordine
nostro inviato a Firenze
Se il modo più veloce per finire una guerra è perderla (dixit George Orwell), il modo più efficace per cominciare un mondiale di calcio è trasferirsi stasera a Firenze e godersi questa edizione specialissima di Italia-Germania, amichevole (unica da qui al debutto azzurro del 12 giugno) dalle ambizioni dichiarate, carica di suggestioni, tradizione, messaggi trasversali e missioni proibite. «Se penso a Italia-Germania, penso alla semifinale del 70 a Città del Messico finita 4 a 3», rievoca Marcello Lippi.
Levento segnala una tregua tra la Nazionale e il tifo fiorentino, un tempo (il tempo di Roberto Baggio passato dal viola alla odiata Juventus) così ostile nei confronti dellazzurro da fischiare in diretta tv tutti, squadra e inno nazionale, Matarrese compreso. Dopo tredici anni, allora lItalia di Lippi può rimettere piede nello stadio che adesso tesse e canta le lodi di Toni e di Pasqual, due arruolati dal ct non certo a semplice scopo promozionale e prova a innamorarsi più di Prandelli che dei fratelli Della Valle, protagonisti essenziali del nuovo ciclo.
Nel protocollo confezionato per loccasione, tra visite a ospedali, dediche speciali (intitolato a Valcareggi un centro sportivo), cè anche posto per Giancarlo Antognoni, ripescato dalloblio per dare il calcio dinizio alla sfida. Manca solo un riferimento a La Pira prima di esaurire la marmellata dellipocrisia. «Mi aspetto un sostegno entusiasmante», indovina il ct nel giorno in cui si battezza anche la nuova divisa azzurra mondiale (maglia sottile, 100 grammi il peso, sfugge a qualsiasi trattenuta, buon per Toni e Gilardino).
Se il modo più efficace per prepararsi al mondiale di calcio è venire qui a Firenze, è meglio abituarsi subito e con cristiana rassegnazione allassenza di Francesco Totti.
Le notizie, autentiche, sul suo tormentato recupero non sono allegre e non indulgono allo sfrenato ottimismo dei primi giorni. «Daltra parte non labbiamo quasi mai avuto nei miei due anni e non bisogna nemmeno cercare un sostituto, non esiste», sintetizza Marcello Lippi (riferimento statistico: 7 presenze in 19 gare) che sembra preparato al peggio. Invece di inseguire un clone che non cè, la sua Nazionale si affida, per tempo, al talento collaudato e alla seconda giovinezza di Alessandro Del Piero. «Ci sia o non ci sia Francesco, per me non cambia niente. Cambia per la squadra che ha bisogno di Totti», sentenzia il capitano della Juventus, restituito a una serenità regale. «Lippi mi conosce e sa dove rendo di più», insiste Alex.
Con Del Piero e senza Totti, la Nazionale cambia disegno tattico oltre che passo e stile di gioco senza rinnegare la sua vocazione più recente: tridente dattacco sorretto da un centrocampo a tre con uno che suona il piano, Pirlo, e due pronti a spostarlo, Camoranesi e De Rossi. «Abbiamo fatto lo stesso ad Amsterdam contro lOlanda», ricorda Lippi con legittimo orgoglio e qui stasera richiede ai suoi unaltra prova di spessore, impastata di convinzione nei mezzi, e di dedizione assoluta alla causa. «Voglio una bella serata di lavoro», incalza ancora il viareggino immaginando di mettere sotto la Germania restaurata da Klinsmann, ct per corrispondenza («Io non potrei lavorare via internet come fa lui»), per cementare le insicurezze che lassenza di Totti o lo stato di forma precaria attuale di Toni e Pirlo possono scavare. Tutto serve.
Nellultimo test di ieri mattina, un intervento duro di Materazzi, procura un vistoso danno alla caviglia sinistra di Vieri. «È la maledizione di Inzaghi», la battuta inevitabile di un azzurro coi gradi, sodale dei due. Bobo non riesce a sorridere, se ne deve stare in un cantuccio lasciando un ritaglio a Iaquinta nella ripresa. Complicato il recupero: forse è il segno del destino, chissà.
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