Oltre ogni nostra immaginazione cè la realtà. Cè Sara e la sua storia: la sua scomparsa, il suo mistero, il suo ritrovamento, il suo corpo sfregiato. Oltre ogni tabù cè Michele Messeri: il suo silenzio iniziale, la sua sceneggiata, le sue lacrime, la sua confessione, la sua violenza inaudita, la sua perversione. Oltre ogni dettaglio cè unatmosfera da giallo risolto nel modo più incredibile. Sembra tutto finto, è tutto vero. Limpossibile sbattuto in faccia al mondo: la storia di Sara Scazzi è il termine (...)
(...) di paragone che accompagnerà la cronaca nera del futuro, un precedente perenne, ma irripetibile per dinamica, follia, depravazione. Perché niente sarà così, niente riuscirà a stupire più di quello che abbiamo visto, letto, raccontato, ascoltato in questi giorni, niente sconvolgerà più di quella frase che arriva in mattinata, quando la confessione è ormai certa, quando lassassino fa cadere la maschera che ha indossato per più di un mese: «Lho strangolata e poi lho violentata».
Che cosa cè più di questo? È labbattimento di ogni limite. Morale, fisico, sociale, psicologico. I muri della nostra percezione della violenza cadono da Avetrana, dove sera parlato di una banda di balordi dellEst, poi di un adescamento via Facebook, poi di una fuga. Sara è stata tutto durante la sua scomparsa: una ragazza difficile, una ragazza ingenua, una ragazza facile, una ragazza e basta. Non centra nulla, adesso. Non è più niente. Perché anche qui limmaginazione è niente in confronto alla realtà: Sara è stata ammazzata là dove era attesa quel maledetto 26 agosto, cioè a casa di sua cugina Sabrina. Pensavamo non ci fosse mai arrivata, invece purtroppo lha fatto. È morta strangolata solo pochi metri sotto i piedi di chi la aspettava e che non vedendola ha dato lallarme. La cercava via cellulare, Sabrina. E lei era lì, nel garage, a un passo dalla vita, ma già morta. E da lì è stata portata via, senza che nessuno saccorgesse di nulla, senza che qualcuno vedesse, senza che qualcuno sospettasse. Possibile? Possibile. Certe cose succedono nei film o nei romanzi e a noi spettatori o lettori viene sempre da pensare che gli scrittori sono esageratamente fantasiosi: ma dai, comè possibile che nessuno veda, nessuno senta, nessuno sappia? È successo. E non in un anfratto di una casa alla periferia di Los Angeles o in uno scantinato di un villaggio in Austria. È successo da noi. In un nostro paese, in un pomeriggio di sole e di mare di fine agosto. E anche tutto il resto è accaduto qui. I quaranta giorni passati a cercare tracce e inventare soluzioni.
Lassassino vicino non si vede mai. Anche se ha le mani sporche di sangue, anche se si tradisce, anche se tutti o almeno qualcuno sa: lintercettazione della figlia Sabrina che dice di essere convinta che il padre abbia fatto sparire la cugina è la certezza di chi sa e non ci crede, di chi sospetta, ma non dice. Per se stessa e per la sua famiglia. Cè sempre un uomo nero da trovare, un movente diverso da cercare, una pista creativa da seguire. Perché noi immaginiamo e pensiamo che lontano siano sempre più schifosi di quanto sia chiunque ci sia vicino. Sara e la sua morte ci racconteranno per sempre che non è così, che il male più atroce, più vigliacco, più impensabile si può annidare indifferentemente tra chi non ci conosce e chi invece ci vede ogni giorno. «Era la mia figlietta piccola, Sara, era proprio come fosse mia figlia», diceva Michele Messeri. Lassassino Michele. Lo stupratore Michele. Il necrofilo Michele. Lui che con questa vicenda così tragica da sembrare surreale ha superato per violenza e cattiveria il peggiore dei criminali. Perché nella follia alcuni banditi hanno avuto morale, mentre un signore apparentemente mite, lavoratore, padre, non ha avuto né pietà, né decenza, né dignità.
Questo non è un delitto in famiglia. No. Questo è un omicidio che imbarazza tutti perché è difficile pensare che un essere umano possa arrivare a pensare e realizzare quello che ha fatto lassassino. Oltre limmaginazione, appunto. Oltre tutto. Perché un mese dopo la sparizione lassassino che nessuno ha mai sospettato spunta con il ritrovamento del cellulare in un terreno dove lui lavora. Ma come: uno che ha avuto la capacità di attirare, strangolare, chiudere in macchina, violentare da morta una nipote e poi buttarla in una cisterna e ricoprirla di terra, poi si pente e si fa scoprire con quel telefonino recuperato? Anche qui in un romanzo o in un film avremmo pensato alla caduta dellautore. A uno svarione. Impensabile. E invece è accaduto davvero. Questo giallo assurdo, questa vicenda bestiale, se uno la racconta a chi non ha vissuto in questi quaranta e passa giorni in Italia, sembra proprio che se la sia inventata. Troppo illogico tutto. Un condensato di anomalie e perversioni che sintrecciano, si accavallano, si annullano. Csi Avetrana. Sembra un misto di finzione e verità, di caricatura della realtà. Come la fine, con la morte che entra dalla tv. In quale fiction uno avrebbe ambientato la scoperta del cadavere e la soluzione di un giallo infinito durante una trasmissione televisiva che di questo di occupa? Può succedere solo nella realtà. La madre di Sara in diretta con Chi lha visto? nella notte in cui scoprono che sua figlia è morta. Non cè confine, perché anche quello della comunicazione è stato abbattuto. Lo sguardo fisso di quella madre, la conduttrice che dice e non dice, che ripete di essere pronta a chiudere il collegamento in ogni momento, i silenzi, langoscia, la tensione. Sappiamo la verità. È un incubo che si può toccare perché labbiamo vissuto. Questa è limmaginazione che scompare di fronte alla sfrontatezza della realtà. È successo nella storia più incredibile che ci sia. È successo con laggravante che sembra più incredibile di una vicenda che è già incredibile: il salotto dal quale arrivavano le immagini era il salotto dellassassino.
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