Politica

Sardegna, 15mila firme contro i superstipendi

Disegno di legge popolare per dimezzare le buste paga degli eletti alla Regione

Guido Mattioni

Sono tanti. Sono sardi. Sono soprattutto arrabbiati. Molto. Imbufaliti per un poco gradevole e poco gradito primato della loro terra: il Consiglio regionale italiano con il maggior numero di «super buste paga» recapitate mensilmente a consiglieri e assessori. I quali sono infatti complessivamente 97 (rispettivamente 85 più 12) in un’isola di 1,6 milioni di abitanti.
Un esercito, per non dire uno sproposito. Soprattutto rispetto ai già non pochi 90 «onorevoli» siciliani, che tuttavia rappresentano quantomeno 4 milioni di cittadini.
E non sono solamente troppi, i «parlamentarini» che occupano gli scranni del palazzo di via Roma, a Cagliari. Costano anche incredibilmente cari, piazzandosi subito dopo i colleghi siciliani nella classifica delle buste paga più gonfie erogate dalle regioni a statuto speciale. «Si va dai 18.500 euro mensili per il consigliere semplice, fino ai 24.500 euro portati a casa dal presidente del Consiglio. Stessa cifra per il presidente della giunta, l’imprenditore Renato Soru», dettaglia Francesco Masu, portavoce di quei, tanti, sardi inferociti.
Che infatti si sono riuniti in comitato (battezzato «Lu Puntulgiu», che nel catalano di Alghero significa il Grifone), hanno steso uno stringato progetto di legge di iniziativa popolare (appena tre articoli, ma di peso) e hanno già raccolto 15mila firme per appoggiarne la presentazione (a settembre) così come prevede l’articolo 28 dello Statuto speciale, ovvero la carta costituzionale isolana, che richiede almeno 10mila sottoscrizioni.
Lo scopo? «Ridurre le buste paga dei nostri consiglieri di un secco 50%», spiega Masu, che tra l’altro è anche lui un dipendente regionale, anche se con un assegno mensile di ben altro peso. Insomma, l’intenzione è quella di dimezzarle. «Certo, ci hanno subito accusato di iniziativa qualunquista, ci hanno ripetuto la solita solfa che la politica ha i suoi costi, ma ovviamente non ci sono ancora riusciti a spiegare perché dovremmo essere proprio noi cittadini a pagarli - racconta il portavoce -. Ma in una terra così povera e tanto afflitta dalla disoccupazione quegli stipendi sono una vergogna».
E dato che, come diceva Totò, «è la somma che fa il totale», per capire come si arriva alla «vergogna» dei 18.500 euro (lordi) del «povero» consigliere semplice bisogna sommare ai 9mila euro di indennità mensile i 4mila previsti come diaria, i 3mila del contributo portaborse e i 2.500 a titolo di finanziamento per il gruppo di appartenenza. Indennità e diaria sono perdipiù esenti da qualsiasi tributo e non possono essere computate agli effetti dell’accertamento del reddito. E ai «graduati», come non bastasse, va meglio ancora: ogni mese possono aggiungere anche l’indennità di carica, che parte dai 700 euro di un vicepresidente di Commissione e arriva ai 6mila per il presidente passando dai 3.800 dei consiglieri questori.
Ma non si vive di sola politica. Bisogna nutrire anche il cervello. Così, a marzo, giugno e settembre, i consiglieri vedono raddoppiare lo stipendio grazie al contributo per l’aggiornamento culturale. E per non gravare sui loro bilanci personali, oltre a consentirgli di continuare a svolgere le rispettive libere professioni, l’amministrazione provvede a dotare gli onorevolini di ricchi benefit: 12 biglietti aerei nazionali e internazionali, utilizzabili anche dai loro cari, un computer portatile e un telefonino dal credito illimitato.

E poi, un’autentica «perla»: l’indennità di reinserimento nella società civile, una bazzecola da 117mila euro (sempre lordi) da intascare a fine mandato.

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