Politica

Sardegna, il giallo del «vascello fantasma»

Potrebbe essere stata rubata da immigrati diretti in Italia

Pietro Balducci

L’hanno soprannominato il «vascello fantasma». Non si sa il nome, chi sia il proprietario, da dove sia partito e dove stesse andando. Non si sa nemmeno che fine abbiano fatto i componenti dell’equipaggio. L’hanno trovato lunedì pomeriggio al largo di Punta Volpe, nelle vicinanze di Porto Rotondo, Sardegna nord-orientale, gli uomini della capitaneria di porto di Golfo Aranci. Il vascello - un veliero a due alberi di ventidue metri in perfette condizioni, tanto da sembrare un’imbarcazione d’epoca - era alla deriva e rischiava di andare a infrangersi contro gli scogli. Quando sono saliti a bordo, gli uomini della capitaneria di porto non hanno trovato niente e nessuno. Non c’erano documenti che potessero collegare l’imbarcazione a un proprietario, non c’era nessun numero di immatricolazione e nessun indizio concreto che aiutasse a svelare il mistero. Solo alcuni oggetti: una bandiera del Lussemburgo, una targa in legno con scritto «Bell’Amica» - forse il nome della barca - carte di navigazione francesi, cibo egiziano, abiti di pessima fattura, di quelli che indossano i poveracci che emigrano in Italia, non certo i membri dell’equipaggio di una barca a vela sicuramente molto costosa e molto ben tenuta.
L’ipotesi su cui stanno indagando gli inquirenti - la procura della repubblica di Tempio Pausania ha aperto ufficialmente un’inchiesta sul ritrovamento - è quella di un furto dell’imbarcazione in qualche porto africano e il suo utilizzo per il trasporto di immigrati clandestini in Italia. Di certo, però, è che la Sardegna non è il classico punto d’approdo per questi traffici. Partendo da qualsiasi porto del nord Africa l’approdo più naturale resta Lampedusa, Pantelleria o direttamente la Sicilia, non certo la Sardegna. E poi, se anche da sud fossero stati diretti in Sardegna, perché sono arrivati all’estremo nord dell’isola? L’altra ipotesi formulata, e cioè che si tratti di un’imbarcazione utilizzata da trafficanti di droga è stata presto scartata, perché una perquisizione condotta dalla polizia, con l’ausilio di cani antidroga, ha dato esito negativo circa la presenza a bordo di sostanze stupefacenti. Da controlli effettuati dagli investigatori risulta anche che la barca non ha mai fatto approdo in nessun porto della Sardegna. Dal comando della capitaneria di porto di Golfo Aranci non si sbilanciano. «Tutto è possibile» fanno sapere, anche se ammettono di non ricordare nessun caso simile avvenuto in passato. «La prima cosa da fare - spiegano dalla capitaneria - è quella di risalire alla proprietà della barca. Purtroppo, oltre ad una targa in legno con su inciso «Bell’Amica» non ci sono molti elementi su cui puntare. Stiamo cercando di capire, attraverso le targhette identificative, dove sia stata costruita l'imbarcazione. Ma è molto difficile. Velieri del genere vengono fatti solo su commissione. Sono barche rare, molto costose, non per tutti». Talmente rare e belle che, per tutta la giornata di ieri, decine di turisti muniti di macchina fotografica hanno stazionato nel porticciolo di Marina di Portisco, in Costa Smeralda, dove il «veliero fantasma» è stato ormeggiata in attesa di risalire ai proprietari.
Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Vittorio Cicalò di Tempio Pausania, puntano a chiarire a chi appartiene il veliero e, soprattutto, perché il suo equipaggio si è dileguato nel nulla. La magistratura sarda, però, dovrà lavorare anche su un altro ritrovamento, quello di un’imbarcazione da nove metri trovata anch’essa abbandonata nella acque di Cala Verde dalla capitaneria di porto di Cagliari. In quest’ultimo caso le indagine sono già a buon punto: l’imbarcazione, un gozzo di nove metri dotato di motore intrabordo, si chiama «Abd El Kader» ed è stato rubato nel porto di Algeri.

Dei passeggeri non c’è traccia, si sa solo che erano immigrati clandestini. Ma dove sono finiti?

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