Alberto Toscano
da Parigi
Qual è la forza della sinistra? Una sola, secondo il superministro francese dell'Interno Nicolas Sarkozy: la capacità di «nutrirsi degli errori della destra». Sarkozy - noto per le sue posizioni rigide sul terreno dell'ordine pubblico e flessibili in economia - è in modo sempre più evidente il candidato ideale del centrodestra francese all'Eliseo per le elezioni della primavera 2007. Ma per ora preferisce non parlare delle presidenziali. In un'intervista al Figaro, ha spiegato ieri le ragioni per cui era necessario cancellare la legge sui nuovi contratti di lavoro per i giovani e ha esortato la sua formazione politica a non fare il gioco dei rivali, che attendono solo uno sbaglio per passare alla riscossa. «La sinistra - dice Sarkozy - non ha nulla da proporre, nulla da dire, nulla da difendere». Tranne, appunto - secondo il leader dei popolari francesi -, sfruttare gli scivoloni, le liti e le contraddizioni dei propri avversari politici.
La rivolta studentesca si è ridotta a poca cosa due giorni fa col ritiro del «Contratto di prima assunzione» (Cpe in sigla francese) da parte del presidente della Repubblica Jacques Chirac e del primo ministro Dominique de Villepin, che ne erano stati i principali assertori. Ma la Francia è scossa dopo due mesi di manifestazioni e di incidenti. Sarkozy, che lo scorso autunno era stato accusato di «durezza» nei confronti della rivolta delle bande di giovani di periferia, viene adesso criticato da alcuni (soprattutto dall'estrema destra) per non aver usato il pugno di ferro verso gli studenti. La sua risposta al Figaro ricorda un tragico episodio verificatosi a Parigi nel dicembre 1986 (la morte del giovane Malik Oussekine, durante gli scontri tra studenti e polizia dopo un corteo contro la riforma dell'università, circostanza che favorì la vittoria delle sinistre alle elezioni del 1988) e si attribuisce il merito di aver evitato scontri ben più gravi, che - secondo lui - la sinistra attendeva per rilanciare le proprie polemiche contro il governo.
«Gli stessi che mi trovavano troppo duro durante la crisi delle banlieues dello scorso autunno mi accusano adesso d'essere troppo debole», dice Sarkozy. E prosegue: «Io vorrei indirizzarmi agli elettori di destra, chiedendo loro di riflettere. I nostri elettori più convinti ci chiedono di non cedere alla piazza e hanno ragione. Ma vogliono anche la fine della confusione e vogliono evitare situazioni suscettibili di condurci al disastro, come il caso Malik Oussekine». Morale: «Io - afferma Sarkozy - non sono qui per fare i comodi della sinistra. Io dico chiaramente che certe situazioni avrebbero costituito un regalo alla sinistra». Quali situazioni? Sarkozy risponde con un'evidente allusione al Cpe: «Voler imporre una riforma che non veniva percepita come giusta dai nostri connazionali». Secondo Sarkozy, nelle ultime settimane «il rischio era quello d'intestardirsi» sul Cpe, invece di capire realisticamente che occorreva «modificare la riforma».
Sarkozy evita accuratamente la polemica col primo ministro Villepin, che sogna a sua volta la candidatura del centrodestra all'Eliseo, ma è ovvio che dal suo punto di vista la scommessa sul Cpe è stata perlomeno azzardata perché non è avvenuta in un contesto di dialogo tra le parti sociali. Il liberale Sarkozy fa insomma di tutto per accreditarsi come «uomo del dialogo». Eccolo affermare, sempre a proposito del ritiro del Cpe: «Ma perché mai avremmo dovuto - solo per il fatto che siamo di destra - difendere un dispositivo che ormai non piaceva né agli imprenditori né agli stessi sindacati più aperti alle riforme: quando ci accorgiamo che questi ultimi parlano lo stesso linguaggio della Cgt (la confederazione sindacale filocomunista, ndr) vuol dire che dobbiamo interrogarci sia sul metodo che sul merito delle nostre scelte».
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