Assalto finale di Matteo Arpe e Palladio Finanziaria contro il «fortino» eretto da Mediobanca e Unicredit a difesa dell’integrazione Unipol-Fonsai. Sator e la finanziaria di Roberto Meneguzzo hanno messo sul piatto 450 milioni di euro, per ricapitalizzare Premafin rilevandone il 60% e quindi il controllo dell’intera catena di societaria che collega Fonsai a Milano.
L’offerta vincolante, che scade l’8 marzo, stanzia 50 milioni più della proposta di Unipol e non prevede l’integrazione con Fonsai (e quindi il diritto recesso). Questo, nelle intenzioni, permetterebbe di non scaricare a valle i problemi di Premafin e di ridurre il peso dell’aumento di capitale Fonsai per 150-200 milioni. L’operazione, oltre a non consegnare il gruppo al mondo delle Coop, stanzia per Premafin 50 milioni in più rispetto all’ipotesi elaborato da Carlo Cimbri. L’obiettivo resta riequilibrarne la struttura economico-patrimoniale del gruppo, Sator e Palladio auspicano quindi che le banche ristrutturino il debito Fonsai, così da ottenere «una più equa ripartizione deglioneri del salvataggio»: in sostanza si tratterebbe della conversione in azioni del prestito subordinato, ma Mediobanca respinge l’invito al mittente. Sator e Palladio, che vincolano tutto all’ok delle banche e all’esenzione dall’Opa, riservano poi 50 milioni agli azionisti di minoranza, finora davanti a un’operazione «potenzialmente lesiva» dei porpri interessi. L’idea coinvolgere nell’analisi del piano il presidente di Premafin, i sindaci e gli advisor.
L’attacco è stato ufficializzato in serata dopo che Isvap e Consob avevano ascoltato per oltre due ore Arpe in seduta congiunta: Sator e Palladio hanno rastrellato l’8% di Fonsai e sono legate da un patto di consultazione. L’aumento di capitale è garantito da Banca Profilo, controllata dalla Sator.
Poco prima la Commissione aveva invece denunciato che Salvatore Ligresti ha aggirato il mercato per quasi venti anni: gli ispettori di Giuseppe Vegas hanno infatti accertato che il 24% di Premafin, di cui l’ingegnere siciliano aveva annunciato la vendita nel 1993, è in realtà rimasto in gran parte occultato dietro gli schermi societari delle Bahamas in scatole societarie a lui collegabili. Ligresti, sollecitato a fare chiarezza dal 16 dicembre, ha taciuto ma davanti all’«inottemperanza» l’Authority ha proceduto d’imperio. A questo punto i rischi per Ligresti spaziano dalle sanzioni (500mila euro il tetto previsto se non scatta l’aggravante «tempo») e dell’ostacolo all’attività di Vigilanza, fino a possibili rilievi fiscali e penali per «manipolazione informativa». In sostanza la famiglia Ligresti non possiede il 50% ma il 75% di Premafin ed è quindi probabile che l’operazione Unipol debba essere corretta. Non si esclude poi un intervento della magistratura. In mattinata Ligresti era invece sfilato in Piazzetta Cuccia subito dopo l’ad di Axa, Henri de Castries che in un incontro di mezz’ora con l’ad Alberto Nagel ha poi rimarcato l’interesse per gli «avanzi» dell’integrazione Unipol-Fonsai, fugando invece i dubbi sui legami con Palladio e Sator. Piazza Affari, facile alle fiamme, ha spinto il titolo Fonsai in rialzo del 4,77% a 1,69 euro ma a questo punto il nodo è capire quale sarà la contromossa di Mediobanca e Unipol. Ieri Nagel aveva ribadito, prima al tavolo del cda poi agli analisti, che Piazzetta Cuccia procede con Unipol.
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