(...) più dalla testa che dalle gambe), secondo Simoni (voto 5, per aver perso un Giro di montagna contro un passista-discesista, senza neppure più la scusa dell'anno scorso, a nome Cunego), terzo Rujano (voto 9, per aver insegnato cosa sia uno scalatore che fa davvero male in salita): il risultato, comunque lo si giri, rivela quanto meno tutti i limiti di un provincialismo imbarazzante. Nessuno dei tre dominatori, per diversi motivi, ha una pur minima statura a livello internazionale. Troppo feroce, come giudizio? Parla la nuda cronaca: dei tre, Savoldelli andrà al Tour solo per fare il gregario-maggiordomo di Armstrong, mentre gli altri due nemmeno ci andranno. Per sentire riparlare di loro, bisognerà mestamente aspettare fino al prossimo Giro. Non è bello.
Guarda caso, al Tour andranno tranquillamente, là dove si misurano i migliori, i nostri due piccoli-grandi trombati d'Italia: Damiano Cunego (voto 3) e Ivan Basso (voto 7). Le due storie, unite dalla speranza dei tifosi, hanno seguito itinerari separati e distinti. Ivan Basso ha dato la chiarissima impressione di essere un e il primo della classe, cadendo però a metà dell'opera nell'agguato di un malanno letale, peraltro già immancabilmente entrato nell'affollata galleria dei grandi misteri di questo sport (la più pittoresca sentita in Giro: gocce assassine di lassativo nella cena consumata a Trento, una cosa capitata negli anni Ottanta al buon Saronni).
Al di là dei gialli, Basso è comunque riuscito a suscitare affetti e buoni sentimenti: prima con una struggente disfatta sullo Stelvio, poi con una doppietta - tappa alpina e cronometro - di indiscutibile livello. Peccato soltanto per l'ultima gaffe, sul Colle delle Finestre, ma non è detto sia un male togliere il piede dal gas nei momenti di salute precaria, soprattutto in chiave Tour.
Quanto a Cunego, inutile ricorrere a un Giro di parole: è andato piano. Ma di fronte al disarmante spettacolo di un talento indiscusso è doveroso porsi qualche perché: quanto gli ha fatto bene la sit-com domestica, con la sudditanza coatta al coniuge Simoni, che i consuoceri Beppe Saronni e Claudio Corti gli hanno allestito attorno già da quest'inverno? Diciamolo: lui è andato piano, ma non hanno fatto nulla per aiutarlo ad andare forte.
Anziché sgombrargli la testa, gliel'hanno ingolfata di pensieri e fantasmi. Anziché sollevarlo dai problemi, gliene hanno accatastati sulla schiena. In definitiva, la gestione del gioiello italiano merita una sola definizione: disastro. A questo punto, s'impone una campagna nazionale dallo slogan semplicissimo: liberate il Piccolo Principe. La sit-com di Casa Cunego deve necessariamente chiudersi al più presto, con un unico lieto fine possibile: il divorzio. A quanto pare, le pratiche sono già iniziate: nel 2006, Simoni dovrebbe andarsene di casa (verso la Spagna). Nell'attesa di mettergli le valigie sul pianerottolo, al Tour ci andrà solo Cunego. Con quali prospettive, dopo un simile Giro, è facile immaginare: prendere altre lezioni per inventarsi una dimensione mondiale.
Riparte da qui, da una bella lezione di umiltà al cospetto di sua brutalità Lance Armstrong, la ricostruzione del nostro domani. Dopo il divertente Giro dei reduci, ci riproviamo con il terribile Tour dei due coraggiosi ragazzi giramondo.
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