Sbuffi e musi lunghi, i dolori dell’omerico Alex

Pirlo lo carica: «Ogni occasione è quella buona». Ma Pinturicchio non segna nemmeno in allenamento

nostro inviato a Duisburg
In azzurro non ha mai vinto né brillato. La storia personale di Alex Del Piero nell’Italia racconta di 75 presenze e 26 gol (capocannoniere tra i calciatori in attività, a nove reti dal bomber di tutti i tempi Gigi Riva). Ma anche del calvario del ’98 con l’infortunio e le feroci polemiche per le staffette con Roberto Baggio («in Francia mi sono sentito massacrato», raccontò poi), i gol falliti nella finale di Euro 2000 con tanto di mea culpa, la pena in Giappone e Corea 2002 quando ha dovuto fare una corsa a ostacoli per un posto e una posizione («trequartista non gioco», urlò a Trapattoni a Praga, poche settimane prima della partenza per l’avventura in Oriente).
Ora una delle missioni azzurre più importanti è diventata calmare lo juventino, svelenirne i malumori dopo le briciole di partita (otto minuti) riservategli da Marcello Lippi con il Ghana. Nell’Italia che sorride e che deve anzi frenare l’entusiasmo per il 2-0 dell’esordio (tra le grandi o presunte tali, solo la Spagna ha vinto con uno scarto maggiore), l’unica nota stonata è proprio il muso di Alex. Nemmeno le numerose panchine inflitte da Capello a «Pinturicchio» lo avevano reso così nervoso.
Già dal ritiro di Coverciano, Del Piero era consapevole di doversi giocare le sue nuove chance azzurre. Di fronte aveva una strada tutta in salita. Proprio come nella Juve, con la differenza che in Nazionale non ci sono prove d’appello. Ma nell’amichevole di Ginevra aveva già capito cosa lo aspettava: Lippi gli aveva affidato una maglia da titolare per non far stancare Totti, e nemmeno quando sono state provate soluzioni alternative al romanista (vedi il 4-4-2 mai amato dal selezionatore viareggino e infatti utilizzato raramente), il ct ha mostrato di tenere in considerazione il suo ex allievo in bianconero.
E Del Piero, nell’antivigilia del debutto azzurro con il Ghana, aveva scelto l’originale paragone con l’eroe omerico. «Io sono come Achille: in certi momenti di attesa vado in collina e valuto, penso, mi concentro». Anche se poi, collina o no, ha sbottato con la sua solita educazione. L’episodio accaduto nella partitella con i giovanissimi del Duisburg (prima un calcione a un avversario, poi l’insofferenza al rimprovero di Lippi, infine le scuse all’avversario) è stato minimo, ma in grado di far perdere le staffe a un calciatore. Ben più pesante la scena nel campo Eilenriedenstadion di Hannover, la mattina della partita: Lippi distribuisce le pettorine e si chiarisce la formazione, con Perrotta in campo e Del Piero fuori (ma lo sapeva già). Per lui, però, come per Oddo e Camoranesi, c’è un allenamento specifico, addestramento al match con il Ghana. Saranno loro a entrare a partita iniziata? Questa l’interpretazione nel gruppo azzurro, non si sa cosa il ct abbia detto al giocatore. Poi, la sera, entrano Camoranesi e Iaquinta, che in poco meno di mezz’ora segna anche un gol. Quando la partita è al sicuro, ecco gli otto minuti concessi a Del Piero. Molto meno di quel che si aspettava, a giudicare dal volto cupo con il quale rientra negli spogliatoi, mentre i compagni festeggiano.
«Gli otto minuti bruciano? Non deve essere così – il consiglio da fratello maggiore del team manager azzurro Gigi Riva - è vero che sono pochissimi per chi ha un certo passato, ma possono bastare. È il segno che al mondiale ci sei». Altro che Achille. «Alessandro è un ragazzo intelligente. E il solo messaggio che bisogna dare è lì, in quel rettangolo verde lungo 105 metri», dice ancora Riva indicando il campo di calcio. «Il gol di Iaquinta ha un precedente - racconta “Rombo di tuono” all’indomani dello scatto di nervi di Del Piero -. Ne aveva fatto uno identico la settimana prima, in allenamento». Cosa che invece a Del Piero non riesce, neanche contro i ragazzini del Duisburg e spesso neppure nella partitelle in famiglia.
«Da due anni Ale ha un’idea fissa: considera ogni occasione quella buona per dimostrare quanto vale», la spiegazione di un compagno di squadra, Andrea Pirlo. Vedendola da questo punto di vista, otto minuti non sono il massimo della vita. «Del Piero nervoso? Per me lui è sempre lo stesso: corretto nei nostri confronti.

È un grandissimo professionista e un uomo eccezionale, posso solo parlare bene di lui», dice uno che lo conosce bene come Mauro Camoranesi. L’operazione recupero è iniziata, bisogna andare a riprenderlo su quella collinetta dove lui ha deciso di isolarsi. In attesa della prossima battaglia (la sfida contro gli Usa) nella quale probabilmente non ci sarà.

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