L'ultimatum scade oggi: il Gruppo Grendi deve lasciare Ponte Libia. A meno che il Comitato portuale di Genova, convocato per oggi, non conceda l'ennesima proroga - e sarebbe la quindicesima - sarà revocata la concessione di utilizzo dei 48 mila metri quadri su cui opera il terminalista. L'unica possibilità di rimanere a Ponte Libia per il Gruppo sarebbe pagare il canone di concessione all'Ati Terminal San Giorgio (società controllata dal Gruppo Gavio) e la Ignazio Messina& C. Spa, vincitrice della gara per l'assegnazione dell'ex terminal Multipurpose, in cui rientrano anche le aree su cui opera Grendi. «Noi abbiamo bisogno di operare direttamente e non in conto terzi» dichiara Costanza Musso, direttore commerciale del Gruppo. «Abbiamo avuto una lunga trattativa con Messina, mandataria dell'Ati, ma non ci ha prospettato nessuna possibilità economicamente conveniente».
Il Gruppo Grendi dal 1828 gestisce la linea Genova-Cagliari per il trasporto in contenitori, semirimorchi, rotabili e mezzi eccezionali, dà lavoro a 120 dipendenti in Italia (35 a Genova), ha due navi con 60 persone di bordo, 200 occupati dell'indotto ed effettua 200 scali all'anno nel porto di Genova. Anche in tempi di crisi, non sembra aver conosciuto momenti bui. «Dal 2007 a oggi - spiega Costanza Musso, direttore commerciale del Gruppo - i nostri traffici sono cresciuti del 27 per cento e l'occupazione del 30per cento. Abbiamo fatto investimenti per 33 milioni di euro nonostante il clima di incertezza in cui siamo stati costretti a lavorare, visto che, dal 2009 a oggi, la concessione più lunga è stata di 136 giorni». Dopo la revoca della concessione delle aree di Ponte Libia, Grendi ha presentato vari ricorsi al Tar, tutti respinti, per una sospensiva dell'istanza di aggiudicazione. Ma il Gruppo non si arrende e si appella all'articolo 18 comma 9 della Legge 84/94, che recita «in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel programma di attività, l'Autorità Portuale revoca l'atto di concessione». «Il porto è un bene demaniale che viene dato in concessione ai privati sulla base di piani di impresa - dice Eugenio Musso, responsabile delle relazioni istituzionali del Gruppo - Se non si monitorano i piani d'impresa si favorisce l'inefficienza del sistema portuale, la corsa alla speculazione immobiliare dei grandi gruppi e si mettono in crisi aziende radicate sul territorio. Prima di fare nuovi progetti si dovrebbero salvaguardare i traffici esistenti». Secondo la famiglia Musso, arriva troppo tardi l'azione di monitoraggio dell'Ap genovese sui piani di impresa dei vecchi terminal della cordata Gavio-Messina. «Ora il presidente Merlo dovrebbe dare una dimostrazione di coraggio come ha già fatto in altre occasioni e non limitarsi a svolgere il ruolo di notaio» dice Eugenio Musso. I traffici di Grendi ammontano a 100 mila teu all'anno. «La resa delle nostre aree è di 2,7 teu a chilometro quadrato - spiega Costanza Musso - ma abbiamo raggiunto anche i 4,4. A Genova la media è di 1,4 e ci sono terminalisti che oscillano solo tra lo 0,3 e lo 0,9. Purtroppo però i traffici non sono una variabile di cui l'Autorità Portuale tiene conto nelle gare per la concessione».
Per i vertici del Gruppo Grendi il rischio è che Genova perda definitivamente il collegamento con la Sardegna. «Non possiamo permetterci di pagare un affitto per la concessione a un altro terminalista - dice Eugenio Musso - in due anni rischieremmo di chiudere l'azienda». La scelta per la presenza del Gruppo a Genova è una sola: restare a Ponte Libia.
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