La Scala riscopre il genio arroventato «dell’incompreso» Valerij Gergiev

La Scala festeggia un Ventennio - una ricorrenza che nel bene o nel male è sempre fatidica per la storia - quello del primo concerto diretto da Valerij Gergiev nella sala del Piermarini. Allora quel trentenne dal temperamento arroventato e dalle lunghe mani prensili era solo uno sconosciuto direttore russo. Bastava però aver assistito alle sue esecuzioni con le masse del Teatro Marinskij di San Pietroburgo nelle stagioni di Palermo per accorgersi che era un trascinatore, un’autentica forza della natura. Gergiev riportò in scena opere che erano cadute nel dimenticatoio anche in Russia come Ruslan e Ludmila di Glinka e Sadko di Rimskij-Korsakov, autore il cui nome è stato impronunciabile per decenni in Italia, causa la colpevole schizzinosità dell’intellighenzia musicale nostrana. Poi, sempre Gergiev, diede la stessa cura galvanizzante alla Scala ai capolavori di Musorgskij e alle opere poco eseguite di Prokof’ev come l’epopea Guerra e pace e il febbrile Giocatore. Per l’apertura della stagione della Filarmonica della Scala il nostro direttore ha riproposto due brani del primo concerto: il poema sinfonico Il lago incantato (1909) di Anatolij Liadov, raffinato saggio della scuola rimskiana, che rende i mormorii wagneriani un delicato eco della mistica di Skriabin e la Quarta sinfonia in fa minore di Pëtr Ciajkovskij (1877), particolarmente congeniale all’indole tormentata e impetuosa del maestro Gergiev. In mezzo stava il Concerto per violino in re maggiore (1878) di Cjaikovski, solista Leonidas Kavakos, la cui tersa musicalità è parsa non ben amalgamarsi con l’orchestra scaligera, complice anche il volume sonoro degli archi e dei fiati che avviluppavano i pianissimi del violino.

Nella Quarta Gergiev ha fatto emergere la sua capacità ferina di avvinghiare una compagine, fin a quel momento configgente con il personale suono del violinista, e, questa volta, di spremerne tutte le energie. La magnitudo sonora non ha nuociuto all’incanto dello Scherzo che è, come si sa, un «pizzicato» ostinato. Quindi, un plauso a Gergiev.

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