Cronaca locale

«La Scala? Troppi poteri al sovrintendente»

L’assessore: «Il fondo per lo spettacolo è solo un sistema di pensioni. Ma non si capisce come vengano ripartite le risorse»

Igor Principe

Il rapporto tra il teatro alla Scala e gli Arcimboldi; la gestione del Fus (Fondo unico per lo spettacolo); il mancato ingresso della Provincia di Milano nel consiglio di amministrazione della Scala. Con questi tre temi, cruciali nell'agenda meneghina, l'assessore comunale alla cultura Stefano Zecchi ha aperto «I numeri del teatro», lungo convegno che si è svolto ieri a Palazzo Marino sul sistema teatrale milanese.
Dando il via ai lavori, l'assessore ha in prima battuta dichiarato che «le convenzioni stipulate tra il Comune e i teatri cittadini saranno prorogate per un altro anno. Credo sia innanzitutto una misura di buon gusto nei confronti di un mio successore in giunta. È un sistema che funziona; se c'è qualcosa da rivedere si tratta di dettagli».
Le convenzioni in vigore, pensate dal predecessore di Zecchi, Salvatore Carrubba, sono state stipulate con quattordici teatri nel 2003 per un triennio che si conclude il prossimo 31 dicembre. La proroga annuale decisa dall'assessore consentirà quindi a chi lo sostituisca di ristudiarle e apportare valutazioni e cambiamenti del caso. «Milano è l'unica città in Italia che fonda un sistema di finanziamento pubblico ai teatri su accordi come questi, che subordinano l'erogazione di denaro a garanzie di qualità artistica e di efficienza anche economica. Mi chiedo perché non vengano adottate per cambiare i parametri su cui si basa il meccanismo del Fus».
Sul quale Zecchi ha una limpida opinione: «È un sistema di pensioni della cultura da cui si esce solo quando si è morti. Non si è mai capito quali siano i criteri di ripartizione delle risorse. Si sa solo che sono sbilanciatissimi: solo i 14 enti lirici italiani attirano il 47% della torta. Il resto è per una miriade di altre istituzioni». Se sotto questo profilo Milano offre un valido modello di gestione, per altri versi c'è qualcosa da rivedere. Manco a dirlo, è il capitolo scaligero. «Confesso di esserci rimasto male di fronte alla decisione della Scala di non confrontarsi sull'ipotesi di una loro gestione diretta degli Arcimboldi - dice Zecchi -. Speravo almeno per un anno, o nella proposta di una gara per l'assegnazione della gestione. Ciononostante, gli Arcimboldi ripartiranno: il mio grazie va a Paolo Arcà (il nuovo coordinatore artistico, ndr) e alle cinque fondazioni che hanno accolto il mio invito a fare qualcosa di concreto». Si tratta del Piccolo Teatro, dei Pomeriggi Musicali, del Teatro Franco Parenti e dell'Orchestra Verdi. Il futuro statuto della fondazione degli Arcimboldi sarà esaminato dal consiglio comunale a gennaio e dovrebbe formalizzarsi a giugno. Possibile un ingresso della Provincia, la cui partecipazione alla Scala è stata scartata. «Mi auguro che l'ente voglia destinare al teatro della Bicocca i 5 milioni di euro offerti per far parte del cda della Scala», ha detto Zecchi, che auspica anche una riforma dello statuto scaligero. «Dà troppi poteri alla figura del sovrintendente.

Un ridimensionamento scongiurerebbe crisi come quella che si è verificata, perché darebbe peso a una maggior collegialità».

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