(...) Si fa viva, prima della prova, la temuta voce dellaltoparlante, quella foriera di sventure (sostituzioni, malattie del tale cantante) e dice - lo riassumo - «stasera si lavora; è una prova; alcuni effetti potranno essere non del tutto a punto; qualche cantante potrà accennare anziché prodursi in voce».
Insomma. La prima «prova generale» di SantAmbrogio, dopo 19 anni, senza Riccardo Muti è solo una prova anche se Daniel Harding magro come un picco, come si dice dalle mie parti, in Liguria, coi jeans che quasi gli cascano come la maglietta (una grigia per la prima metà dello spettacolo - un solo intervallo - e una gialla per il séguito) produce curiosità. Assai di più ne suscita la svolta epocale per cui letà Muti si è conclusa e fa sì che tutti vogliano essere presenti al mutamento epocale. Appunto il biglietto in più che proprio non cè. Prova «tranquilla», salvo chi cercava (entrato come?) di «fregarti» la poltrona approfittando di un attimo di ritardo. Tranquilla al di là delle valutazioni musicali o drammaturgiche di merito (non è la sede né il momento perché una prova è una prova, appunto: non lo spettacolo). Certo la tranquillità può tradursi in rilassatezza così come la tensione - quella delle «prove generali-spettacolo» di Muti - può produrre, oltre a grandi emozioni, effetti indesiderati.
Cè la malinconia per una stagione, una lunga e grande stagione del teatro milanese, che è finita: e - senza rivangare, che non serve niente, responsabilità, comportamenti, manovre - nel peggiore dei modi. Ci sono - ora - le aspettative del «largo ai giovani». Ma attenzione alla retorica giovanilistica: esiziale. Come ricordava unamica scrittrice, i giovani non esistono. Chi è nato un giorno prima rispetto a unaltra creatura è più vecchio, altrettanto chi ha 20 anni rispetto a un diciottene. E provate a dimostrare il contrario.
Una prova è una prova. Una cronaca pure. Qui si deve riferire di un successo a tutto campo (attenzione: parenti, congiunti etc. non sono il pubblico «vero», che non è neanche quello patinato della «prima»). Applausi ripetuti a Idomeneo (Steve Damislin), dopo il Quartetto «Andró ramingo e solo», ad Arbace (Francesco Meli) ed Elettra (Emma Bell). Applausoni per Harding. Per tutti, dunque.
Durata complessiva della serata, 3 ore e 10 minuti. Intervallo di 30 minuti: più sobrio di così non si potrebbe tanto che dovranno affrettarsi le signore ad esibire le toilettes e i vip (orribile dictu) a compiere veloci e ripetute piroette per non passare inosservati.
Nessun problema. Basta arrivare per tempo. Dallingresso centrale orme di fotografi pronte a incrinarti una costola o fratturarti un piede, mentre ti inchiodano al muro, pur di ritrarre «il personaggio», saranno in azione. E cattureranno anche chi personaggio si sente perché partecipa allevento e si farà fotografare per mostrare, con tanto di locandina, che «lui cera».
Per fortuna, spente le luci, a vincere sarà la musica: Idomeneo, lopera certo più straordinaria di Mozart. Che drammaturgo sommo iniziò ad esserlo, venticinquenne, proprio con il titolo inaugurale della stagione scaligera 2005-2006.
Scala, tutti aspettano Harding «allopera»
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