da Creta
Già che c'è, sull'isola dove nacque Giove e Teseo usò il filo d'Arianna, ringhia come Minosse contro la destra italiana e più vastamente europea. E vorrebbe volare alto al pari di Icaro, con le ali in prestito da Costa-Gavras, mito registico fine anni Sessanta (arcinoto con Z-L'orgia del potere, 1969), che lo impegna sul set greco della commedia sociale Eden à l'Ouest (L'Eden a Ovest, titolo memore di Elia Kazan), pronta per il prossimo FilmFest di Berlino con il suo carico di umano dolore e di interrogativi politici sul tema più caldo del momento: l'immigrazione.
Le ragazzine comunque ricordino che, con la scusa di ri-scoprire un cineasta di culto caro a papà e mammà quando si portava il Sessantotto, nel 2009 vedranno Riccardo Scamarcio nudo e abbronzato, quale clandestino piombato nell'Egeo da un'imbarcazione di 60 metri colma di povericristi in cerca del paradiso occidentale (cibo, lavoro, tivù); avvinghiato a un'anzianotta villeggiante d'un club di nudisti dove tutti s'abboffano o giocano a palla («non c'è sesso, ma solitudine, o sesso come merce di scambio» si schermisce l'attore pugliese) e fisico in massimo grado, visto che recita con gli occhioni, parla poco e quando lo fa, se ne esce in un francese pronunciato al rovescio, zeppo di gutturemi in stile etno-mediterraneo. «Amo l'innocenza del mio personaggio, che potrebbe essere afgano, arabo, turco, ambiguo come me. Il mio Elias è zero, ma ha una sua etica e sa chi è, continuando a lottare e a resistere tra le avversità», dichiara l'attore colpito da improvvisa celebrità internazionale (a giorni, in un cameo di Go-go Tales, firmato Abel Ferrara). E nonostante il settantacinquenne autore di Missing (1982), dopo le riprese parigine (dove un Elias barbone ruba avanzi ai Campi Elisi) se lo porti a pranzo in qualche simpatica taverna sotto i pampini, cercando di fargli intendere come il cinema sia pure intrattenimento, altrimenti addio soldi di Eurimages; a dispetto d'un pomeriggio di riprese a Mochòs, pittoresco villaggio a nord dell'isola, dove Riccardo ha serenamente armeggiato con usignoli e pappagallini in gabbia, visto che finirà a Parigi, facendo il mago per campare, l'idolo delle adolescenti è arrabbiato.
Mentre pilucca i mangiarini dell'oste ellenico e intanto che Costa-Gavras esibisce un foglietto, scritto a mano da un contadino locale e pieno di lodi per il regista compaesano («È un po' retorico», trova Costa-Gavras), lo Scamarcio nazionale narra: «Sono qui da due mesi e vedo la tivù: che orrore, quelle immagini dall'Italia, con i transessuali cacciati via a bastonate, i campi rom bruciati, la polizia che manganella i dimostranti!», non senza dichiarare che è colpa della stampa di destra, se l'opinione pubblica si deforma. «Sarò corrotto anch'io?», lancia l'indovinello edipico, mentre proclama autocensura strumentale di fronte ai cronisti, allineati con lui sul fronte d'un birignao che impedisce di valutare obiettivamente le norme contenitive del fenomeno migratorio.
Da navigato uomo di spettacolo, che coniuga impegno e botteghino (da L'Amerikano, 1973, sull'appoggio Usa ai regimi sudamericani a Prova d'accusa, 1989, con Jessica Lange alle prese col padre ex-nazi), Costa-Gavras frena. «Non miro a un film di denuncia, né la mia è verità assoluta, bensì una riflessione su questo novello Ulisse, senza identità, né luogo dove tornare. Ambisco a un bello spettacolo dove rivelatore è uno scambio di battute. Fuggi dalla guerra, nel tuo Paese?, chiede un emigrante. No, dalla fame, risponde l'altro. Leni Riefenstahl poteva girare film a tesi: bisogna guardarsi da chi fa film per cambiare il mondo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.