Per comprendere la portata di certi fatti della vita bisogna solo riuscire a immedesimarsi. Mettiamoci per un attimo nei panni di Jaroslava, una giovane mamma di 25 anni che vive nel villaggio di Jablonov, Repubblica Ceca. Da dieci mesi culla e allatta la piccola Nikola, fantasticando le cose più grandi per il suo grandioso futuro. Tra mamma e bambina c’è la simbiosi perfetta che si rinnova ogni volta, dagli albori del mondo. Al loro fianco, il papà Libor, 29 anni e tanto orgoglio per le due donne di casa.
Improvvisamente, questo idillio di vita domestica, in un luogo defilato del pianeta terra, viene squarciato da un turbine feroce: la bambina non è di questa casa. La piccola Nikola dovrebbe stare fra altre braccia, in un’altra famiglia. Avrebbe dovuto succhiare un altro seno, avrebbe dovuto ascoltare altre ninnenanne. Al suo posto, qui, nella casa di Jaroslava e Libor, dovrebbe starci un’altra bambina, la loro bambina, che invece vive da dieci mesi a trenta chilometri di distanza, in un altro villaggio, in un altro nido, succhiando un altro latte e ascoltando altre ninnenanne...
Un banale scambio di neonate. Si fa presto a dire. Come le valigie all’aeroporto: l’importante è accorgersene, basta scambiarle di nuovo e il disguido è risolto. Ma questa, purtroppo, è tutta un’altra storia.
Che cosa succeda in quello strano 9 dicembre 2006 non è ancora chiaro. L’ospedale Trebic, vicino a Brno, sta conducendo un’inchiesta interna. Col senno di poi, adesso è chiaro il significato di una strana coincidenza notata all’epoca dalle due mamme: nel giro di poco tempo, il peso di Nikola scende da 3,3 chili a 2,65, mentre uno sbalzo alla rovescia tocca alla sua vicina di culla Veronika. Le puerpere provano pure a chiedere spiegazioni, ma le infermiere tranquillizzano: nessuna paura, succede qualche volta che sbagliamo a segnare i pesi sulle cartelle...
I destini paralleli delle due bambine prendono poi strade diverse. Nella casa di Jaroslava e Libor, la piccola Nikola cresce come una bambina «sempre sorridente», secondo il ricordo del papà. Una sola cosa: i genitori notano che la piccola è biondissima, mentre loro sono entrambi mori. E purtroppo non sono i soli a notarlo: tra gli amici, al bar, c’è chi va giù pesante con le ironie, segnalando la differenza cromatica al perplesso papà.
Cosa dire: forse sono proprio le becere ironie a smuovere il caso. Colpito nell’orgoglio, scosso da un tarlo invadente e fastidioso chiamato sospetto, papà Libor decide di chiedere un test del Dna. Lo chiede di nascosto, senza che la moglie lo sappia. Hai visto mai che il risultato porti sorprese. Difatti, la sorpresa arriva: Nikola, l’adorata Nikola, non può essere figlia sua. Davanti a un simile choc, come ogni padre sgretolato, Libor affronta la moglie: se non è figlia mia, chiede, mi vuoi dire cosa diavolo hai combinato? Lei è ugualmente incenerita. Non si capacita. Cerca di convincere il marito a parole, giurandogli fedeltà assoluta e ipotizzando che l’esame del Dna sia evidentemente sbagliato. Poi, realizzando che non si può mandare avanti una famiglia nel dubbio, si offre volontaria per l’unica prova provata: il test del Dna anche per sé. Manco a dirlo: uguale il risultato. Nikola non è figlia di questi genitori. Non dovrebbe stare in questa casa.
Esplode lo scandalo. Con un altro giro di Dna il caso viene risolto: a trenta chilometri di distanza, in un’altra casa e tra altre braccia, c’è la vera Nikola, che però i coniugi Cermakova chiamano da dieci mesi Veronika. Uno scambio di neonate all’ospedale. Un errore catastrofico, lo definisce il Daily Mail, dopo che la notizia fa il giro del mondo.
La catastrofe vera adesso si annida nel cuore delle madri. Racconta Libor, il papà che per spazzare via le ironie degli amici ha risolto il giallo: «Non appena abbiamo avuto la certezza dell’errore, siamo precipitati nel dramma. Io ho pianto per due ore, mia moglie Jaroslava è inconsolabile. Ci siamo subito incontrati con l’altra coppia di genitori, ma Jaroslava non ha retto: è corsa in bagno e ha pianto tutto il tempo...».
La signora Jaroslava e l’altra mamma si portano dietro un dilemma irrisolvibile: mia figlia è quella che per dieci mesi ho cresciuto, quella che amo, quella che è la mia stessa vita, oppure è quella che ho partorito? Per capire almeno in parte quanto devastante sia questo enigma irrisolvibile, basta provare ad immedesimarsi. Un’operazione che ci riesce sempre più difficile, davanti al film monotono e martellante dei drammi universali che ci cadono addosso, tutti i giorni e da tutte le parti, dal mondo reale e dal mondo della finzione, togliendoci la capacità di distinguere, e soprattutto di provare ancora qualcosa.
Per loro fortuna, le due famiglie stanno trovando il modo migliore per sopportare il peso: lo condividono. Per un po’ di tempo, per tutto il tempo che servirà, formeranno una famiglia allargata. Madri, padri e bambine cominceranno a scoprirsi, incrociando sentimenti e paure.
Cristiano Gatti
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