È scampato alla guerra, lo salvi l’Italia

In Afghanistan il caporale Luca Barisonzi fu centrato da una raffica alla schiena, un suo commilitone morì. Adesso è ricoverato al Niguarda di Milano. Resterà paralizzato e ha bisogno di aiuti concreti per vivere

È scampato alla guerra, lo salvi l’Italia

Milano - Quando ha visto materializzarsi nella sua stanzetta di Niguarda il «capitano», Luca è rimasto senza parole. Non riusciva a credere che anche il giocatore simbolo della sua amata Inter, Javier Zanetti, si fosse ricordato di lui. «Sorrideva e basta, non riusciva a dire una parola», racconta ora mamma Clelia. Che da quasi due mesi non si muove dal capezzale del suo ragazzo. Partito per l’Afghanistan per aiutare quelle lontane popolazioni e tornato quasi completamente paralizzato.
Fuciliere dell’8° Reggimento alpino di stanza a Venzone, in provincia di Udine, Luca Barisonzi il 18 gennaio fu crivellato di colpi insieme al caporale Luca Sanna, in un avamposto sperduto nella Murghab valley, a nord del Paese. Il commilitone morì dopo pochi minuti, lui venne portato prima ad Herat, poi a Ramste in Germania, infine a Niguarda. E dopo tre interventi, la prognosi rimane riservata. I colpi hanno devastato la colonna vertebrale, c’è il serio rischio che il ragazzo, 21 anni a maggio, non riesca più a muovere un muscolo dalla testa in giù.
«Questi ultimi giorni sono stati terribili - racconta mamma Clelia -, lui è sempre convinto di farcela, di riuscire e rimettersi in piedi ma ogni tanto, soprattutto quando il dolore aumenta, è preso da attimi di sconforto. Io invece rimango fiduciosa. A tempo di record ha ripreso a deglutire e respirare da solo, anche se quando dorme ha bisogno ancora di “ventilazione” per evitare pericolose apnee notturne. E ha anche iniziato a muovere la testa. Insomma piccoli ma costanti miglioramenti che ci fanno ben sperare».
Il ragazzo, che vive con la mamma e un fratello a Gravellona, nel Pavese, mentre il papà carabiniere abita in provincia di Torino, si era arruolatosi nel dicembre del 2008. Promosso caporale venne assegnato nell’aprile 2010 alla 6° compagnia «Julia» per poi partire per l’Afghanistan il 10 settembre. Il giorno dell’agguato era di servizio in uno degli avamposti attorno al campo per proteggere i commilitoni. Si avvicinarono alcuni militari nella divisa dell’esercito afghano, che appena arrivati a tiro, scaricarono le loro armi.
Poi una dolorosa trafila fatta di interventi prima in Germania, poi a Niguarda, dove il 24 gennaio è andato a trovarlo il ministro della Difesa Ignazio La Russa. «È vero - conferma la mamma - la sua prima preoccupazione era di non poter muovere le braccia e fare il saluto militare. L’Esercito comunque ci è molto vicino, soprattutto i ragazzi della 6° compagnia, non mi lasciano sola un istante. Adesso poi che il 17 marzo rientrerà l’intero Reggimento, si sono già prenotati tutti».
Una solidarietà che non deve fermarsi solo agli abbracci. Nonostante sia già previsto un indennizzo e una pensione, Luca ha bisogno di molti soldi. Se, come si teme, dovesse rimanere tetraplegico, dovrà vivere in una casa fatta su misura ed essere assistito 24 ore su 24. Per questo il generale Camillo De Milato, comandante esercito Lombardia, l’assessore regionale Stefano Maullu e l’associazione degli ufficiali in congedo hanno attivato una sottoscrizione.

E per il 17 marzo, festa dell’Unità d’Italia, pensano a una sorpresa. Per lui che, di questa «vituperata» Unità, sta diventando un simbolo. Intanto ieri è arrivato Zanetti. E Luca per un pomeriggio è tornato a sorridere.

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