Scandali, polemiche e vip Ecco i tormentoni che sbarcheranno al Lido

«Non tutte le mostre riescono col buco, ma questa probabilmente sì», parola di Marco Müller. Pochi giorni e sapremo.
IL TORMENTONE Dal punto di vista del cosmopolita direttore artistico della Mostra, giunto al settimo anno di mandato, la ciambella sarebbe davvero perfetta se la 68ª edizione sfociasse nel rinnovo per un altro triennio. Di certo sarà questo uno dei mantra della kermesse che va a iniziare (31 agosto-10 settembre). Müller sì, Müller no. E bisogna riconoscere ai vertici della Biennale che le premesse per una «Mostra de luxe» ci sono tutte.
PIOGGIA DI STAR Un tantino mancanti negli ultimi anni, stavolta affolleranno il red carpet del Lido, protagoniste di un cartellone che spazia dal thriller al dramma psicologico, dalla commedia nera all’opera apocalittica. Ci saranno il glamour con fosforo, rappresentato dal George Clooney di Le Idi di Marzo, film d’apertura, il glamour al quadrato di Madonna (regista fuori concorso di W.E.) che già annuncia una passerella-evento, la coppia ultrapatinata Bellucci-Cassel, la Hollywood carismatica con Al Pacino, lo sconfinamento rock di Patti Smith, protagonista di Pivano blues, e il maledettismo rovesciabudella dell’inglese Steve McQueen e di Cronenberg. Poi, in ordine sparso, Kate Winslet (due film e una serie tv), Keira Knightley, Colin Firth, Matt Damon, Philip Seymour Hoffman... Poche le defezioni, tutte obbligate: Vasco Rossi (Questa storia qua) per i noti problemi di salute, Roman Polanski (Carnage) per quelli di natura giudiziaria, Ryan Gosling (Le Idi di Marzo) perché sul set di un altro film.
VALANGA DI ITALIANI Per qualche osservatore cinquanta titoli in cartellone sono troppi, aggravati dalla preapertura affidata al film di Ezio Greggio. Mostra provinciale, si accusa: ma se non è Venezia a offrire un passaggio agli italiani, quale festival lo farà? Inoltre sono quasi tutti concentrati nella sezione «Controcampo» con, tra le altre, le opere di Ermanno Olmi (Il villaggio di cartone), Francesco Bruni (Scialla!) e Manetti Bros (L’arrivo di Wang) o in «Orizzonti» (Del Bono con Amore carne). Tre i film in concorso (Quando è la notte di Cristina Comencini, Terraferma di Emanuele Crialese, L’Ultimo terrestre del fumettista toscano Gian Alfonso Pacinotti) dai quali non ci si aspettano particolari exploit. Anche se la presenza in giuria di Mario Martone e Alba Rohrwacher potrebbe aiutare... Comunque andrà, il cinema italiano verrà largamente celebrato il 9 settembre con il Leone alla carriera che Bernardo Bertolucci consegnerà a Marco Bellocchio e il red carpet di Virna Lisi, vincitrice del premio «Pietro Bianchi» del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici.
MOSTRA HARD Se l’edizione dello scorso anno è stata contrassegnata dal deturpamento dei corpi in varie forme (Black swan, La solitudine dei numeri primi, Venus noire e Post mortem), quella che sta per iniziare si annuncia altrettanto infarcita di scandali. Ci sono i nudi integrali di Michael Fassbender in Shame di Steve McQueen, storia di dipendenza sessuale compulsiva fino al degrado, e in A Dangerous Method di Cronenberg in cui interpreta Carl Jung, il padre della psicanalisi scopritore di Freud (Viggo Mortensen), sedotto sul terreno sadomaso dalla bella paziente (Keira Knightley). Poi il nudo di Monica Bellucci, in Un été brulant di Philippe Garrel e quello di Stefania Rocca, posseduta da un immigrato africano in The Invader, opera prima di Nicholas Provost. Abel Ferrara, invece, nel suo 4:44 Last Day On Earth ha scelto di raccontare la fine del mondo con un viaggio nelle camere da letto. Eccessi fuori concorso in tutti i sensi in Le petit Poucet di Marina de Van, dove il più scandaloso orco della storia del cinema divora un pezzo alla volta le sue figliole. E nell’australiano Hail si narrano tutte le forme di commercio a cominciare da quelle sessuali. Infine, non poteva mancare la pedofilia, tema al quale si dedica Ruggine con Filippo Timi, qui rivoltante orco napoletano...
LA RICETTA DEL VALLE Anche le ciambelle migliori, però, a volte hanno un retrogusto amaro.

E qui lo si assapora nell’invito esteso da Müller agli okkupanti del Teatro Valle, convocati al Lido in quanto autori di una provvidenziale «riflessione-provocazione sullo stato del cinema in Italia». Se la ricetta è la stessa che ha portato alla paralisi attuale del teatro romano ne avremmo fatto volentieri a meno.

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