«Scanna», la vera guerra è quella di ogni giorno

«Ormai l’uomo deve mostrare gentilezza anche quando non ne ha proprio voglia»

Viviana Persiani

Palermitano doc, di quelli che si soffermano a raccontare narrando di tutto, andando a scoprire quel mondo sottostante la pura e mera evidenza, facendo emergere una dimensione che i sensi umani non possono cogliere; Davide Enia, autore di Scanna, mette in scena al Teatro Leonardo, la trasposizione teatrale del testo insignito del premio «Pier Vittorio Tondelli» e accolto con favore dal pubblico, dando prova della straordinarietà di un teatro vitale, anche quando le tematiche sono tragiche e sofferte.
«Sono felice di aver ricevuto questo premio che mi ha offerto l'opportunità di mettere in scena il mio lavoro con una sicurezza economica, ma non solo - racconta Enia -. Debuttando a teatro come affabulatore con Italia-Brasile 3-2 e con Maggio '43, ho poi ritenuto il caso di seguire le tendenze del teatro rivestendo il ruolo dell'autore, ma anche del regista».
Quali sono state le suggestioni per questo testo?
«Ho colto ispirazione dall'attraversamento del quotidiano, della realtà. Scanna parla di guerra, non di quella che si combatte al fronte, ma della lotta che affrontiamo ogni giorno, anche tra le mura di casa. Perché ormai, l'uomo deve mostrare gentilezza anche quando non ne ha voglia, deve avere sempre la schiena piegata per lavorare sodo, deve combattere per sbarcare il lunario con uno stipendio inadeguato. Insomma, è una lotta continua. Del resto, io, i fatti che racconto non li invento, ma li vivo».
Scanna di quale battaglia parla?
«La guerra che si lista a lutto il mondo, si trasferisce nella dimensione domestica, all'interno di una gabbia, dove in una condizione claustrofobica vivono nove personaggi; tre ragazzini, due donne, uno zio un nonno e due fratelli sono uniti da un odio e da un'intolleranza reciproca. I toni non sono di certo sorridenti, ma pervasi di violenza e di aspra crudeltà a causa di questa realtà conflittuale che conduce i protagonisti a diventare vittime di una sconfitta, di una sanguinosa tragedia».
Qual è la sua visione della vita?
«La realtà è un macello, non a caso il titolo dello spettacolo si rifà alla scannatura degli animali. Stando così le cose, incontrovertibili, bisogna divertirsi».
Quindi si adatta?
«No, se faccio la comparsata perdo. La vita è come il gioco del calcio: a volte non è importante il risultato ma bisogna giocare per lo spettacolo umiliando così l'avversario. Con una dose massiccia di ironia si affronta il disastro».
I protagonisti parlano il dialetto palermitano?
«Completamente scritto in palermitano strettissimo, questo spettacolo potrebbe essere compreso anche all'estero.

La bravura degli attori consente che, attraverso l'utilizzo non solo della parola, ma anche del linguaggio fisico, gestuale e mimico, si possa comprendere la vicenda anche seguendo un solo protagonista. Oltretutto, questi attori hanno la capacità di ricrearsi e di rinnovarsi continuamente rendendo ogni replica, magari imprecise, ma proprio per queste perfette e straordinarie».

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