Scaricato dai Ds e dal Coni il commissario Rossi se ne va

Hanno cercato di resistere, poi il professore e 3 dei suoi 4 vice in Figc si sono arresi: «Non ci sono più le condizioni per continuare»

Franco Ordine

«Senza Maradona nessuno di noi scende in campo». La frase, attribuita all’avvocato Paolo Nicoletti, e passata a Gamberale e Albertini, è diventata una specie di urlo di guerra. E si è trasformata nel colpo di scena realizzato dai Rossi-boys per protesta nei confronti del Coni deciso a evitare il doppio incarico del professore, presidente di Telecom e commissario della federcalcio. Il vertice di ieri sera al foro Italico ha così avuto un epilogo clamoroso e traumatico. Il professor Guido Rossi ha tentato di alzare le barricate: niente dimissioni e niente passi indietro. Nonostante la sfiducia minacciata da Petrucci e dalla giunta Coni per la riunione di questa mattina che sembrava dovesse assumere i connotati di un duello rusticano. E invece no. All’uscita dagli uffici del Coni, Rossi e le sue guardie del corpo, guidate dal pasdaran Nicoletti, hanno ideato il colpo di teatro. Dimissioni. E dimissioni in blocco. Di Guido Rossi seguito da Nicoletti, appunto, e dall’altro vice Gamberale, accreditato per una possibile successione, oltre che da Demetrio Albertini, l’esponente dell’Asso-calciatori scelto da Petrucci e diventato il dirigente più influente in materia di scelte tecniche. Al suo posto è rimasto invece il quarto vice commissario, il dottor Massimo Coccia, un vero, grande esperto di regole sportive e non, arbitro al Tas del Cio di Losanna, il massimo tribunale in fatto di sport mondiale per intendersi. «Non mi dimetto, non sono stato interpellato e in queste settimane mai coinvolto in nulla» la sua dichiarazione che apre uno squarcio inquietante su quello che è accaduto dietro le quinte di via Allegri e alle spalle della sagoma ingombrante del neopresidente di Telecom. Se si può capire il gesto, di simpatia e di solidarietà di Nicoletti, se si può leggere come un sospiro di sollievo la fuga di Gamberale, è un grave atto di irresponsabilità quello commesso da Demetrio Albertini. Ha lasciato, da solo, in mezzo «a una strada anfosa», come recita la famosa canzone napoletana, il suo sodale Roberto Donadoni, ct della Nazionale alle prese con una qualificazione a rischio e con una facile gestione dei problemi azzurri. Non ha sentito il dovere di sottrarsi al gesto teatrale e alla solidarietà di facciata per garantire al club Italia e al suo Ct la necessaria collaborazione. Peccato. Segno di una grande immaturità.
La giornata più difficile, da commissario della federcalcio, di Guido Rossi è cominciata con una serie di interventi, lettere aperte e dichiarazioni di segno univoco. Giovanna Melandri, ministro per lo Sport, ha aperto le danze con una frase di ringraziamento e l’invito a proseguire nella stagione delle riforme. Nella forma, oltre che nella sostanza, è diventato il congedo. A cui Gianni Petrucci ha fatto seguire, a stretto giro di agenzia, una dichiarazione di questo tipo: «Siamo pronti a proseguire nel lavoro di riscrittura delle regole». Come dire: Guido Rossi deve togliere il disturbo, al resto pensiamo noi. E a reclamare la fine della missione hanno provveduto nomi che, dalle parti politiche del giurista milanese, hanno un qualche significato oltre che un suono familiare e cioè Luciano Violante, presidente della commissione affari costituzionali, e Anna Finocchiaro, capogruppo al Parlamento dell’Unione. «Forse è meglio che Guido Rossi si dedichi alla Telecom» detta il primo. «Mi permetto di consigliargli di scegliere la guida della Telecom» afferma la seconda. Seguiti dagli altri partiti, Ciocchetti dell’Udc che ha reclamato per tempo le dimissioni. Nel tardo pomeriggio il vertice al foro Italico. Rossi si è presentato con una sorpresa: Paolo Nicoletti nominato coordinatore del gruppo dei vice commissari. E sotto sotto la voglia di procedere all’assunzione di un ex team-manager interista presso l’ufficio stampa della federcalcio. Petrucci ha sbarrato il passo e ha cominciato a trattare: promessa di nominare Gamberale commissario in cambio di tre paletti (no alle assunzioni, date fissate per le elezioni regolamentari, nomina di un quarto vice di estrazione sportiva). Rossi ha provato a resistere, poi è rientrato in via Allegri e si è dimesso. «Senza Maradona nessuno di noi scende in campo» la frase a effetto di Nicoletti.

Come si capisce, la bufera di Moggiopoli non è ancora finita per il calcio italiano. È l’ultimo colpo di coda. Adesso ci sono da riscrivere le regole e nominare un nuovo commissario con un vice per gli affari tecnici. Provvederà alla bisogna Petrucci. Con qualche evidente difficoltà.

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