Fabrizio Cicchitto*
Gli Usa sono stati colpiti al cuore l11 settembre e tutto lOccidente (vedi Inghilterra e Spagna) è stato messo nel mirino del terrorismo islamico. Orbene Bush e gli Usa, posti di fronte a un fenomeno certamente analizzato e contrastato con grande ritardo, sono però scesi in campo e si sono battuti anche commettendo gravi errori. Daltra parte se tutti i Paesi dellOccidente si fossero comportati come il governo Zapatero dopo lattentato, oggi il terrorismo avrebbe vinto. Quindi gli Usa sono scesi in campo, si sono battuti, si sono sporcati le mani anche per noi europei. Questo vorremmo ricordare non solo agli estremisti del centrosinistra - quelli che «tifano» per gli «altri», come minimo per i «resistenti» afghani e iracheni - ma anche alle snob come il ministro Melandri che non sa neanche dove sta di casa la durezza della lotta al terrorismo.
Veniamo allIrak. Una martellante campagna di stampa ha fatto dimenticare che il governo Berlusconi non condivise la guerra in Irak, e non solo per ragioni di opportunità, ma per le stesse ragioni geopolitiche che avevano spinto Bush padre a fermarsi. Dopo la guerra lintervento in Irak dei «volenterosi» era unaltra cosa: era il tentativo di instaurare lì una democrazia. Su quel terreno qualche risultato è stato raggiunto insieme a molti errori fatti da Bush e, appunto, da Rumsfeld: il governo Chalabi, lo scioglimento dellesercito e del partito Baath, la mancata mediazione ab initio fra sunniti e sciiti, probabilmente le brutalità nel comportamento delle truppe americane e anche la pretesa di risolvere tutto con appena 100mila soldati.
Non a caso tutto ciò ha impedito che la situazione migliorasse e anzi il suo peggioramento è certamente una delle cause della sconfitta di Bush. Bisogna però anche cogliere il fatto che il bipolarismo statunitense ha una qualità politica ben diversa da quello italiano. Prima e dopo le elezioni statunitensi non cè stata né una delegittimazione reciproca e nemmeno operazioni trasformiste: su questo punto si confrontano in una difficile combinazione fra collaborazione e competizione la Presidenza repubblicana degli Usa e la maggioranza parlamentare democratica. Certamente tutto ciò porterà a una rimodulazione di tutta la politica americana, anche in Irak e verso la stessa Siria e lIran. Probabilmente si tornerà verso il metodo kissingeriano di «fare i conti», per «smontare» con i Paesi più ostili.
Difficilmente, però, tutto ciò si tradurrà nellarresto della lotta al terrorismo. Noi capiamo le ragioni di unarticolazione più moderata e più complessa della politica americana in Irak e nel resto del mondo. Pensiamo, però, a quale effetto catastrofico avrebbe il ritiro degli americani dallIrak e magari dallAfghanistan.
Veniamo qui alle miserie italiane. Noi in questi ultimi anni personalmente abbiamo condiviso molte indicazioni politiche del Presidente Fini. Non condividiamo, però, laffermazione contenuta nella sua ultima intervista al Messaggero secondo la quale ci sarebbe una sostanziale continuità nella politica estera italiana. A nostro avviso invece cè una discontinuità che sta diventando sempre più marcata, anche perché il centro-sinistra nel suo complesso, e gli stessi Ds, sono lontani mille miglia dai democratici americani che poi difendono fino in fondo il «sistema» Usa. Allora sotto la guida di DAlema cè un cambiamento sempre più marcato nella politica estera italiana fra gli applausi dellestrema sinistra. Non cè dubbio che gli israeliani hanno commesso molti errori (ma anche errori di ingenuità e di ottimismo nei confronti della controparte). Non cè neanche alcun dubbio che la politica estera italiana sta diventando sempre più nettamente filopalestinese e antisraeliana. Non cè dubbio che a Beit Hanoun gli israeliani hanno commesso un tragico errore ma non si può far finta di non vedere che a Gaza da un lato è in corso una lotta senza esclusione di colpi fra Hamas e Al Fatah e che dallaltro lato gli israeliani con unazione preventiva, che purtroppo provoca anche terribili drammi, stanno però cercando di evitare che gli estremisti-terroristi realizzino lo stesso sistema militare degli Hezbollah nel Libano. E nel Libano siriani e israeliani stanno riarmando Hezbollah sotto gli occhi delle truppe Unifil, ma il nostro loquace ministro degli Esteri DAlema e il ministro della Difesa Parisi osservano un rigoroso silenzio. Adesso, chiaramente DAlema ha iniziato le grandi manovre per sganciarsi anche dallAfghanistan: per un verso si tratta dallennesima mossa fatta per andare incontro alle richieste dellestrema sinistra, ma per altro verso si tratta dellautonoma scelta di un ministro degli Esteri che vuole collocarsi su una posizione europea antiamericana e antisraeliana.
Non cè dubbio che gli Usa, tutto lOccidente, dopo averlo allinizio ridimensionato, vivono oggi una situazione di difficoltà sia nella lotta al terrorismo islamico sia nel difficile scontro-confronto politico e ideale con il fondamentalismo islamico nelle sue varie accezioni.
*Vicecoordinatore nazionale di Forza Italia
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