Roma - Venticinque, trentatrè, quindici. Ieri alla Camera sembrava l’estrazione del lotto. Ma quanti sono in realtà i finiani? Perché è sulle nude e fredde cifre che si gioca la partita. Ci si spacca la testa sul pallottoliere: l’attuale maggioranza di governo si regge su 341 deputati e 175 senatori. A Montecitorio, la maggioranza necessaria è di 316 deputati mentre a palazzo Madama è di 162 senatori. Stando così le cose, il numero di rischio è quello del 26. Se, vale a dire, ipoteticamente 27 finiani votassero contro un provvedimento su cui il Pdl ha messo la fiducia, il governo andrebbe a gambe all’aria. Al Senato, invece, il numero per far cadere l’esecutivo è 13.
Stando alle fonti finiane, a schierarsi con Fini per il neo gruppo autonomo di Montecitorio ci sarebbero Bocchino, Briguglio, Granata, Raisi, Barbareschi, Proietti, Divella, Buonfiglio, Barbaro, Siliquini, Perina, Angela Napoli, Bellotti, Di Biagio, Lo Presti, Scalia, Conte, Della Vedova, Urso, Tremaglia, Bongiorno, Paglia, Lamorte, Ruben, Menia, Angeli, Ronchi, Moffa, Cosenza, Patarino, Consolo, Polidori e Sbai. Totale: 33.
Ma attenzione: il documento firmato ieri non è un via libera ai gruppi autonomi, quanto piuttosto una sorta di attestato di solidarietà a Fini qualora il documento-j’accuse berlusconiano fosse davvero molto duro. In pratica un grande bluff per nascondere, ancora una volta, la reale forza delle truppe finiane. Annacquando il calderone dei pro-Fini, si celano quindi i veri sostenitori «senza se e senza ma» che potrebbero ridursi a quindici-venti onorevoli.
Al Senato i finiani sarebbero invece quattordici tra i quali, anche in questo caso, si annidano le colombe che a fare gruppi autonomi non ci pensano proprio. Questa la lista: Augello, Baldassarri, Cursi, De Angelis, Digilio, Germontani, Menardi, Pontone, Saia, Valditara, Viespoli, Tofani, Paravia, Allegrini. Totale 14. Un numero risicatissimo, in assoluto, per mettere in difficoltà Berlusconi. A ciò si aggiunga che di questi quattordici senatori pochissimi sarebbero disposti allo strappo vero: si vocifera dei senatori Saia, Valditara, Germontani, De Angelis e Digilio. Cinque, forse sei al massimo. Insufficienti a creare un gruppo autonomo.
Altro elemento da non sottovalutare: non è detto che l’attuale maggioranza, anche senza i finiani duri e puri di cui ancora non si conosce la consistenza, non si allarghi a qualche elemento dell’attuale gruppo misto. Qui, oggi, siedono i quattro liberaldemocratici Grassano, Melchiorre, Merlo e Tanoni e poi ci sarebbe l’ex Pd Riccardo Villari.
Gli scenari: il Cavaliere è pronto a trattare coi rutelliani
Se i finiani lasciano il centrodestra a Berlusconi servono nuovi alleati: pronti Villari e i Liberaldemocratici. I senatori Api ieri hanno votato con il governo. E pure 2-3 deputati potrebbero cambiare campo
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