Una sceneggiata d’attualità che passa da Totò a D’Angelo

da Napoli

Mentre brulicano i film etnici, con matrimoni misti contrastati e vincenti (vedi Questa notte è ancora nostra), sbarca da oggi a Napoli e poi nel resto d'Italia (dall'11 aprile) la divertente commedia Ci sta un francese, un inglese e un napoletano di Eduardo Tartaglia, teatrante erede della scuola di De Filippo. Un po’ sceneggiata napoletana, di quelle in voga negli anni Ottanta con Nino D'Angelo superstar (subito dopo i fasti di Merola), un po’ soap opera (per Veronica Mazza e Patrizio Rispo, già nel televisivo Un posto al sole), lo stralunato racconto, che gode della partecipazione straordinaria di Regina Bianchi, icona partenopea, dimostra la vitalità dei comici napoletani, tra i quali Biagio Izzo. Ed è singolare che tale mishmash di generi popolari, provenga direttamente dal palcoscenico: la commedia, infatti, è stata scritta da Tartaglia per il teatro e rappresentata con successo (62.000 persone l'han vista in tutta Italia) negli ultimi cinque anni.
La vicenda si svolge in un immaginario campo profughi, dove quattro soldati di varie nazionalità (da qui, il riferimento barzellettistico del titolo) estraggono a sorte un eroe per caso (Tartaglia stesso). Il quale, in missione umanitaria, dovrà sposare una giovane esotica (la modella tartara Elian Kahn), incinta di un soldato irlandese morto in missione. Invano il povero Sasà, sposo forzato, già promesso a Noemi (Valeria Mazza),ormai in frenetica ricerca di bomboniere pacchiane, cercherà di resistere alle pressioni d'una famiglia invadente e della fidanzata delusa: la vita irrompe, col suo carico di tragedia, nella sua quieta esistenza e ha gli occhi romantici d'una moglie tirata a sorte, per giunta seducente. Il film, insomma, parla di solidarietà e integrazione in chiave macchiettistica.

«Ho usato la mia esperienza teatrale, pensando che noi napoletani abbiamo un debito con la tradizione, ma dobbiamo pure guardare avanti», dice il regista, che sperimenta una nuova drammaturgia all'ombra del Vesuvio, con un occhio alle pochades di Scarpetta e un altro al Totò del Turco napoletano. Un brano di Zucchero e un cameo di Peppino Di Capri aggiungono all'epopea pulcinellesca, a tratti recitata in dialetto, quel tocco smaltato, comunque necessario.

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