Filippo Grassia
In 60 anni è cambiato il modo di vivere, vestirsi, comunicare, perfino amarsi: solo la schedina sul calcio è rimasta uguale a se stessa dal giorno del suo debutto, il 5 maggio 1946. In pieno dopoguerra quel foglietto colorato rappresentò qualcosa di assolutamente speciale e innovativo perché diede la possibilità di vincere somme consistenti e dare una sterzata alla magra esistenza di ogni giorno. La schedina della Sisal divenne lappuntamento di ogni sabato: si giocava dal barbiere, nelle lavanderie, dai tabaccai e non solo. Pronti via, cerano già dodicimila punti attrezzati a convalidare con i magici bollini (che intuizione) la scalata alla fortuna. La schedina rimase alla Sisal fino al 1948 prima di passare armi e bagagli al Coni e divenire il principale finanziatore dello sport italiano fino a pochi anni fa. Eppure ancora oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, si dice «giocare alla Sisal» usando una frase che è entrata nel gergo abituale.
Erano tempi eroici. E i tre signori che sinventarono il concorso pronostico sul calcio (Massimo Della Pergola, Fabio Jegher e Geo Molo) fecero cose pazzesche pur di realizzare il loro straordinario progetto. Dalla Svizzera attraversavano il confine nei modi più astrusi per entrare in Italia e mettere assieme la rete di ricevitorie. In alcune regioni dovettero perfino fari scortare dalla polizia per non cadere in qualche agguato.
La schedina costava 30 lire, il prezzo di un vermut: nel decreto che autorizzava il gioco compariva lemblema della monarchia. Il montepremi del primo concorso fu di 463.146 lire: stampate 5 milioni di schede, ne furono giocate 34.000, quelle non utilizzate vennero usate dai barbieri per pulire i rasoi a mano. A indovinare la colonna vincente, resa difficile da sei «x» consecutive, fu Emilio Biasetti, un impiegato di Milano. A due mesi dalla nascita i primi milionari: un disoccupato di Genova e una casalinga di Bologna si portarono a casa 1.696.000, quanto bastava allora per comprarsi un bilocale.
Di settimana in settimana il concorso passava di record in record. Nella primavera del 1947 Pietro Aleotti di Treviso intascò 64 milioni. Sport Italia, il settimanale edito dalla Sisal, riportò che si trattava di un artigiano del legno, in realtà costruiva bare. Nel 1947 comparve quello che oggi si chiama jack-pot. E, per qualche settimana, fu necessario indovinare i risultati esatti delle partite per vincere: era già nato il Totogol. A pensarci bene, è cambiato poco o nulla in 60 anni di schedina.
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