Cronache

TRA SCHERMI E SIPARI

Prospero Schiaffino

Gilberto Govi (il suo vero nome era Amerigo Armando) nacque a Genova il 22 ottobre 1885 in una abitazione nella circonvallazione a monte, precisamente in via S. Ugo da genitori emiliani e da qui forse la leggenda che lo voleva nato a Bologna o comunque in Emilia-Romagna.
La passione per il teatro gli venne forse da uno zio materno, Torquato Gardini, che esercitava la professione di burattinaio a Bologna.
I suoi primi successi risalgono alle recite scolastiche, quando frequentava le scuole tecniche.
Govi cominciò l’attività filodrammatica a soli dodici anni sul palcoscenico di un circolo dell’Azione Cattolica. Conseguita la licenza tecnica si impiegò come disegnatore alla Oeg, ma la sua passione era il teatro e continuò l’attività filodrammatica, recitando al vecchio teatro Andrea Podestà in salita Mascherona e con questa compagnia di amatori si esibì anche in alcuni centri della Liguria.
Poi fondò con Davide Castelli un circolo filodrammatico genovese, che si esibiva al Teatro Eldorado in via Foscolo, ma la sua principale esperienza filodrammatica si svolse alla Accademia filodrammatica italiana del Teatro Nazionale.
Il Nazionale era un centro notevole ed assai vivace di vita teatrale e con largo seguito di pubblico. Si può affermare che forse proprio in quel momento prendessero l’avvio l’arte di Govi e nel contempo la diffusione di un repertorio teatrale moderno in dialetto genovese.
Govi intenzionato a portare sulle scene un repertorio tipicamente genovese, si separò dall’Accademia Filodrammatica per dare vita alla «Dialettale Genovese» una compagnia in cui recitarono tanti genovesi fra cui Caterina Franchi, che Govi sposò nel 1917 e fu poi famosa come Rina Gaioni, la conosciutissima «Scia Rina».
La Compagnia recitava prevalentemente al Nazionale, ma se ne allontana anche per battere le due riviere da San Remo a La Spezia.
Nel 1916 la «Dialettale Genovese» riportò un decisivo successo al Teatro Paganini e quindi su invito dell’impresario Chiarella al Teatro Carignano di Torino.
L’arte di Gilberto Govi, la sua maschera mobilissima ed intensa avevano fatto sì che si superassero tutti gli ostacoli di comprensione relativi al non certo facile dialetto genovese.
Nel 1925 la conferma della validità nazionale del teatro di Govi viene dal successo riportato a Milano (un mio zio di acquisto milanese era letteralemente fanatico di Govi e non mancava di venire a Genova per assistere alle sue rappresentazioni).
L’anno dopo in Sud America una «tournè» sanzionò il prestigio dell’artista genovese, confermato nel 1928 a Roma e nel 1930 addirittura a Parigi.
Govi replica il suo notevole talento e successo di interprete di gran classe del carattere genovese, imponendo nel contempo una serie di commediografi sempre genovesi all’attenzione della critica e del pubblico.
Interrotta l’attività teatrale durante la guerra, Govi la riprese nel dopoguerra accogliendo in compagnia diversi nuovi elementi e replicando con consensi unanimi il suo antico repertorio.
Nell’ottobre del 1957 inaugurò il ricostruito Teatro Margherita in via XX Settembre con gli atti unici «Si chiude» di Lopez, «Da quarantotto» di Orengo e i celeberrimi «Manezzi pe maja una figgia» di Nicolò Bacigalupo.
Nel frattempo sulla scia del successo Govi aveva tentato il cinema e si ricordano specialmente «Colpi di timone» (1942), «Che tempi» (1948) e «Il diavolo in convento».
In anni più recenti l’umana e secca maschera goviana era comparsa con grandissimo successo in tv, dove aveva esordito il 3 marzo 1957 con la teleripresa dei «Manezzi».


Gilberto Govi lasciò la vita terrena nell’aprile 1966 nella sua signorile abitazione di piazza della Vittoria assistito amorosamente dalla moglie Rina e dai suoi più intimi amici.

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