Cronaca locale

Lo schermo del futuro? Si arrotola come un foglio

Giovanni Buzzatti

I colossi dell’elettronica iniziano ora a sfruttarla. Ma la scoperta - spiegano al Politecnico - potrebbe servire anche alle piccole e medie imprese lombarde. Per fabbricare nuovi prodotti: elettrodomestici con schermo incorporato (il frigo ad esempio), mini-pannelli solari per ricaricare il telefonino, display che si possono piegare come fossero fogli di carta dove scorrono immagini e parole. «Cinque anni e li troveremo nei negozi».
Si parte dalla scoperta che la plastica (alcuni tipi di polimeri), semiconduttore organico, può essere usato al posto del silicio per produrre chip o transistor, elementi base dell’industria elettronica. E servire così a realizzare schermi, led, celle solari. «I vantaggi della plastica applicata all’elettronica? È più economica e leggera del silicio, richiede una tecnologia più semplice e si può piegare», spiegano Giuseppe Zerbi, docente di Scienze dei materiali al Politecnico, e Alberto Bolognesi, chimico, ricercatore all’Isma (istituto per lo studio delle macromolecole) del Cnr. Con il Laboratorio Mdm dell’Istituto nazionale per la fisica della materia, le due istituzioni hanno lavorato a un progetto, finanziato dalla Fondazione Cariplo, che dimostra come i semiconduttori organici possano rimpiazzare il silicio in una serie di nuove produzioni.
Giuseppe Zerbi spiega di averlo scritto sul Giornale nel 1984. «L’articolo si intitolava “La plastica conduce corrente” - racconta -. L’intuizione fu di Giulio Natta, premio Nobel, che però non riuscì a provarlo. Il primo a farlo fu uno studente giapponese a metà anni ’70. Per le scoperte sulle proprietà elettriche dei polimeri conduttori, Heeger, MacDiarmid e Shirakawa nel 2000 vinsero il nobel per la chimica». Zerbi ripete agli studenti che di solito passano vent’anni prima che una scoperta sia sfruttata su scala industriale. Tre quarti del cammino, in questo caso, è compiuto. «Si vedono i primi prodotti: led, schermi piatti delle tv», ricorda.
Il progetto è servito a sviluppare un dispositivo che emette luce dei tre colori base (rosso, verde e blu), celle solari, un nuovo processo per fabbricare dispositivi di questo genere mediante litografia ottica. «Il nostro scopo non è quello di confrontarci con i colossi - riprende Bolognesi -. Vogliamo spiegare alla piccola impresa lombarda che con il nostro aiuto può sfruttare il principio per produzioni di nicchia. C’è già chi fabbrica le luci interne delle auto, ad esempio.

Ma così si possono realizzare anche pannelli sottili che si illuminano, in grado di mandare in pensione le vecchie lampadine».

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