Lo schiaffo di Cuba al mondo: retata al funerale del dissidente

Cinquanta arresti: la polizia castrista ha stretto un ferreo cordoneattorno al cimitero di Banes

Ma quanto ci dispiace. Solo nel giorno del funerale, e dopo aver speso a mezza bocca qualche paroletta di circostanza alla notizia della morte avvenuta il giorno prima, i politici solitamente impegnati nel nobile esercizio dell’amicizia con Fidel Castro o in quello responsabilmente sofferto del dialogo con un regime totalitario hanno sentito il dovere di esprimere delle critiche a Cuba per la tragica fine del dissidente Orlando Zapata. Ma non sono stati molto convincenti. Nel frattempo, ai funerali del povero Zapata, muratore quarantenne condannato a 36 anni di galera perché non apprezzava il regime e aveva «vilipeso il Comandante Fidel», gli sgherri della revoluciòn hanno arrestato una cinquantina di persone: così, tanto per ricordare l’aria che tira. Solo poche decine di amici e parenti hanno seguito il feretro fino al cimitero del paesino di Banes, e qualcuno ha gridato «Libertà per Cuba». La quasi totalità di coloro che intendevano partecipare alle esequie sono stati arrestati dopo un controllo da parte di un ferreo cordone di polizia che ha trasformato un funerale in una trappola.
Uno schiaffo in faccia al mondo, peraltro piuttosto indifferente all’accaduto. Spiccano fra tutti per ipocrisia i leader di Brasile e Spagna. Luiz Inacio Lula da Silva, presidente brasiliano molto progressista, partiva con l’handicap: si è trovato in visita a Cuba proprio mentre Zapata, distrutto da quasi tre mesi di sciopero della fame, spirava. Ha dovuto quindi barcamenarsi tra i nobili esercizi di cui sopra e l’umana solidarietà al rompiscatole di turno. Se l’è cavata da par suo. Incontrando l’ottantatreenne e macilento Líder Máximo in pensione non si è sottratto al dovere rivoluzionario dell’adulazione. Fidel Castro, ha dichiarato convinto Lula, «è in piena forma». E il colloquio di due ore con l’uomo che fece incarcerare per motivi di opinione il proletario Orlando Zapata è stato «una riunione tra vecchi amici, vecchi compagni», con Fidel che «si è molto interessato alla situazione in Brasile».
Quanto al cadavere ancora caldo del dissidente, Lula si è detto «profondamente dispiaciuto». Risulta che in vita il mancato compagno Zapata avesse scritto con altri 50 dissidenti cubani a Lula chiedendogli di intercedere per la sua liberazione. Ma il presidente ed ex sindacalista giura di non aver mai ricevuto quella lettera imbarazzante. Forse, insieme al compagno Fidel, potrebbe interessarsi dello stato delle poste dei due Paesi. Al culmine dell’ipocrisia, rispondendo a un giornalista, Lula ha assicurato che «se gli fosse richiesto» non esiterebbe a mediare tra il regime cubano e i difensori dei diritti umani in quel Paese, come farebbe «in qualsiasi altra circostanza»: perché a Cuba non succede nulla di speciale, ci mancherebbe.
Splendida anche la prova del premier spagnolo Josè Luis Rodrigues Zapatero, che proprio mercoledì aveva avuto un’ottima occasione, parlando davanti alla Commissione dei diritti umani dell’Onu a Ginevra, di condannare la morte di Orlando Zapata. Evidentemente distratto dai suoi guai politici (disoccupazione da record in Spagna e rivolta contro il suo governo socialista perfino dei sindacati «rossi») si era ben guardato dal farlo. Ha provveduto a stimolarlo la stampa spagnola, criticando la sua insensibilità. Ed ecco che il giorno dopo Zapatero si presenta in Parlamento a Madrid e si ricorda di chiedere ai fratelli Castro di rispettare los derechos humanos. E sullo slancio aggiunge di «esigere la liberazione di tutti i prigionieri politici cubani». Olé.
Ma ci ha pensato il suo ministro degli Esteri, l’ineffabile Miguel Ángel Moratinos, a riequilibrare la situazione con un opportuno richiamo ai nobili e sofferti esercizi citati all’inizio. Alla riunione dei presidenti delle Commissioni Esteri dell’Ue, Moratinos si è detto «dispiaciuto» per la morte di Zapata, ma si è anche compuntamente chiesto se «la politica dell’embargo e delle sanzioni a Cuba dia migliori risultati dei meccanismi di dialogo».

Il ministro spagnolo ha ricordato una poco pubblicizzata «battaglia» per ottenere «la liberazione dei prigionieri», ma ha evitato ogni riferimento alla sua proposta di modificare la posizione comune dell’Ue su Cuba, che condiziona le relazioni bilaterali ai progressi nel campo dei diritti umani e della democrazia». Nobile, sofferto e soprattutto coerente.

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