Alberto Pasolini Zanelli
da Berlino
«Allarme arancio» per lEuropa. Se vigesse anche da noi il codice americano per lemergenza antiterrorismo, sarebbe di questo colore il bottone che il cancelliere Schröder ha pigiato ieri. Tre volte, con altrettante richieste di emergenza. Una generale: la crisi suscitata dalla mancata ratifica della Costituzione non deve diventare una crisi generale europea. Una almeno geograficamente periferica: lUnione europea deve mantenere «alla lettera» gli impegni con Paesi come la Romania e la Bulgaria circa lallargamento: «Se entrambi i Paesi avranno soddisfatto le condizioni poste loro, dovranno diventare membri entro il primo gennaio 2007». E una centralissima, concreta e potenzialmente esplosiva: per evitare che la crisi costituzionale diventi anche finanziaria, occorre raggiungere a tutti i costi un compromesso entro o durante il vertice di Bruxelles in calendario per il 16 e il 17 giugno. E le concessioni maggiori deve farle la Gran Bretagna. È questo che il cancelliere ha fatto sapere a Blair, in anticipo sullincontro che li vedrà assieme il 13 giugno a Berlino. Nella riunione a Venticinque dovrà essere discusso il budget per il periodo che va dal 2007 al 2013 ed è politicamente imperativo che un accordo sia raggiunto in fretta. Il presidente di turno dellUe, il lussemburghese Juncker, ha proposto un bilancio che prevede contribuzioni fisse per poco più dell1 per cento del prodotto lordo dellUnione, con «sconti» per la Germania, lOlanda e la Svezia, tre Paesi che da tempo rilevano di stare contribuendo più del dovuto al forziere. Ad allargare i cordoni della borsa dovrebbe essere questa volta Londra e precisamente, secondo i tedeschi, rinunciando dora in poi a una parte del famoso «sconto» ottenuto ventanni fa da Margaret Thatcher con uno slogan di chiara comprensione: «Rivogliamo i nostri soldi».
Adesso i britannici dovrebbero accettare una revisione di questo sconto che, ricordano a Berlino, è stato concesso in un contesto storico particolare su motivi che oggi non sono più validi. Solo una disponibilità di Londra su questo punto ci darebbe lo spazio di manovra necessario per raggiungere un compromesso ragionevole e urgente. Da Londra finora nessuna risposta, ma un sì è improbabile. In passato i governi britannici hanno sempre condizionato un negoziato su questo punto a una contemporanea riapertura del discorso sulla Politica agricola comune, da cui è la Francia a trarre maggiori benefici. Ma Schröder (che si incontra oggi con Chirac) mette già le mani avanti e avverte che sarebbe impensabile che Parigi accettasse di riaprire quella questione proprio adesso. Sarebbe, si dice, un «suicidio politico». Ma altrettanto lo sarebbe per Blair, se non avrà contropartite in altri campi, perché anchegli è sotto pressione e soprattutto è soggetto alla tentazione di approfittare delle ripercussioni dei due referendum per stilare un atto di morte della Costituzione europea, cancellando il proprio di referendum. Una mossa da cui lo mette in guardia il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che si appella a tutte le parti in causa perché evitino ad ogni costo decisioni unilaterali. Che invece si moltiplicano, come confermato dal secco no dellOlanda a unaltra proposta di Schröder: la convocazione di emergenza di un vertice fra i governi della prima e più piccola Europa, cioè i sei fondatori (Germania, Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo). È proprio un lussemburghese, però, a effettuare in queste ore pressioni molto risolute. Juncker ha annunciato ieri che si dimetterà dalla sua attuale carica europea se i suoi compatrioti del Granducato voteranno anchessi «no» nel referendum cui sono chiamati il 10 luglio. Juncker è primo ministro ininterrottamente dal 1995 ed è stato rieletto fino al 2009.
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