Schumacher & Valentino la rimonta dei fenomeni

Ecco come i due «mostri» dei motori hanno ribaltato una stagione parallela, che a metà estate sembrava già persa

Benny Casadei Lucchi

nostro inviato a Suzuka

E domani, nel grigiore di Suzuka, gran circuito in mezzo al niente assoluto, si riaccendono i motori e si torna a guardare il cielo. Ieri sera pioveva, domenica si prevede asciutto. Si vedrà. Non si spengono, invece, pettegolezzi e polemiche che vorrebbero Alonso sempre più arrabbiato col mondo. Non si spegne, soprattutto, l’eco degli elogi, dei bene, bravo e bis rivolti a Michael Schumacher, il nonnetto che da quando ha smesso di sfogliare la margherita del «mi ritiro non mi ritiro» sembra menar sberle a tutti, baciato da giovinezza e talento che parevano, ammettiamolo, un tantino assopiti. Proprio in Giappone, dove domenica il fenomeno teutonico avrà l’occasione di giocarsi il primo, seppur debole, match ball ai danni di Fernando Alonso, qualche settimana fa un altro fenomeno aveva posto le fondamenta della sua incredibile rimonta: Valentino Rossi. Circuiti diversi, però, visto che il motomondo corre a Motegi. Ma le analogie non si fermano al Sol Levante. Perché Schumacher e il dottore che impenna, quest’anno più che in passato, si assomigliano quasi in tutto. Verrebbe da dire, in tutto.
Lo stato d’animo. Entrambi sono al termine della stagione più sofferta a livello psicologico. Un campionato giocato e vissuto sotto il macigno del dover prendere una decisione, o meglio: «La decisione». Per Michael il ritiro, per Vale il passaggio in F1. Guarda caso, alla fine, ambedue hanno fatto la scelta più logica, lasciare le corse a fine campionato (Michael), restare in moto e dire no alle sirene ferrariste (Valentino). Non può essere una coincidenza che, appena deciso, entrambi sono tornati subito a volare. È successo a Michael, a Monza, dopo i pasticci ungheresi e turchi, ed è capitato a Valentino dal Mugello in poi. E tutti e due avevano una montagna da scalare. Michael era a meno 25 ai primi di luglio, e Valentino, a fine maggio, a meno 43 da Hayden.
Il mondiale che pareva perduto. Visti i distacchi, sia Michael che Rossi avrebbero potuto mollare, accontentandosi di qualche, prestigiosa, vittoria di percorso. Così, giusto per ribadire che l’enorme talento non era sopito. Invece, i due fenomeni del mondo che romba hanno deciso di lottare per quella vetta che pareva un miraggio, scommettendo entrambi sull’effetto «pressione», sul «carisma», sull’orribile sensazione che dà, agli altri, avere alle spalle un cannibale pronto ad azzannarti al primo errore.
I nervi che saltano. Non a caso, Hayden ha iniziato a rendere sempre meno e l’altro rivale, Pedrosa (spagnolo come Alonso, ndr), addirittura a sbagliare, finendo pure rovinosamente a terra e fuori dalla lotta; per poi, forse anche sobillato dai media iberici, litigare a mezzo stampa con Valentino. Più o meno quanto accaduto tra Alonso e Schumacher, con Fernando Gp dopo Gp sempre più polemico, arrivato ad accusare il ferrarista di «essere il pilota meno sportivo nella storia delle corse».
Un finale in due atti. E adesso, sia Michael che Valentino hanno due Gp per giocarsi il titolo, l’ottavo per entrambi. In un mondo dove la vittoria conta dieci punti e un secondo posto otto, Schumi è riuscito a pareggiare il conto con Alonso, raggiungendolo, dopo Shanghai, a quota 116 punti.

Rossi è un filo più indietro (da Hayden dista dodici punti), ma nel motomondo il primo ne conquista 25 e il secondo 20, per cui, potrebbe davvero farcela. L’importante è che il crucco e l’italiano non vengano a sapere di questa simpatica analisi; perché i due si assomigliano anche in un’altra cosetta: la grande scaramanzia.

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