Schumi: «Capita... Ma sperare ancora è solo un’utopia»

Benny Casadei Lucchi

nostro inviato a Suzuka

Si può perdere in molti modi. Michael Schumacher ha scelto il migliore. Non è stata colpa sua, ma della macchina, eppure non ha accusato nessuno. A Monza annunciò il previsto ritiro, a Suzuka ha raccontato l’imprevisto, e vero, addio alla formula uno. Perché da professionista qual è, Michael darà tutto se stesso per non lasciar nulla d’intentato nel campionato costruttori e in quello piloti, ma se mai dovesse essere, non sarà vera gioia. «Perché io non amo vincere così, perché non posso accettare di conquistare un mondiale contando solo sulle sfortune altrui, non voglio iniziare il gp del Brasile sperando solo che Alonso si ritiri. E visto che l’unica chance rimasta sarà proprio questa, allora lo preciso in anticipo, allora dico “no grazie”: diventare campione perché un altro si ferma non mi va».
È uno Schumacher filosofo, l’uomo che si toglie il casco dopo quella che dovrebbe essere la più grande delusione in carriera, addirittura più di Jerez ’97, perché ultima chance iridata della sua vita. Un filosofo che stupisce e spiazza e dice «no, non è la peggior delusione, perché si sa che certe cose accadono, perché in Canada eravamo 25 punti dietro e nessuno avrebbe puntato sulla nostra rimonta e invece ce l’abbiamo fatta e abbiamo tenuto aperto il mondiale fino alla penultima gara, questa, in fondo, è stata la nostra impresa».
Michael, forse dieci anni fa si sarebbe arrabbiato di più.
«Forse, in questo mi aiutano l’esperienza e l’orgoglio per tutto ciò che ho fatto in passato».
È davvero terribile perdere un mondiale così.
«Certo che è terribile, ma non per me. Io so che può accadere, che fa male, per questo sono andato a ringraziare tutti i miei ragazzi del box, tutte grandi persone che hanno lavorato duro in questi mesi, in questi anni. Li conosco uno ad uno, gli ho spiegato che capita, che è un brutto colpo del destino, che nessuno ha colpa, che tutto continua, che le corse sono come la vita: fatte di alti e bassi».
Alonso potrebbe anche non ritirarsi... Semplicemente, potrebbe non finire nei punti. Così le andrebbe di vincere?
«Io primo e lui a mani vuote in Brasile? Francamente mi pare un’utopia. Però lotteremo per il titolo costruttori, ce la possiamo ancora fare».
Non può non essere deluso.
«Davvero, non più di tanto, perché tutto pareva perso e invece siamo ritornati alla grande. Abbiamo dato il massimo e quanto successo in pista qui, in un certo senso, rende la vita dolce: la bellezza delle vittorie nasce dal dolore delle sconfitte».
Che cosa ha pensato quando il motore l’ha tradita?
«Le stesse cose che hanno pensato tutti davanti alla tv: che all’improvviso è finito tutto, che il mondiale è volato via, che i sogni sono andati in fumo, come il motore».
Scusi l’insistenza, ma in Brasile, visto l’andamento di questo pazzo mondiale, tutto può ancora accadere.
«Lo so che resta una piccola speranza, ma non voglio pensarci; penso invece che tutto filava liscio come l’olio, che eravamo davvero vicini a un grande risultato».
È il suo 15° ritiro in 249 gare, il più amaro?
«L’ho già detto: avevo riaperto un mondiale chiuso, per cui ora che l’ho perso non può essere il più amaro».
Ma, almeno, non è un poco scocciato col reparto motori?
«No, non posso biasimare nessuno, anzi, siamo cresciuti così tanto quest’anno, lavorando così duramente che non è possibile essere arrabbiato con chicchessia».
Ultimo tentativo: proprio sicuro, non le brucia per nulla?
«Che sia dura da digerire è chiaro, ma non ci posso far niente. E poi so che ho dato il massimo, ho lottato, ho creduto fino alla fine di poterci riuscire... E invece tutto è svanito. Ma la delusione viene curata dalla convinzione di quanto di buono abbiamo saputo realizzare: in Ferrari dobbiamo essere tutti orgogliosi del nostro lavoro, quest’anno e in passato. E ricordatevi una cosa: ritiri così fanno parte delle corse come le vittorie.

La delusione va sempre a braccetto con le grandi e belle emozioni, noi piloti lo sappiamo, sappiamo che un mondiale è frutto di mille cose».
Si ferma un istante, sorride con dolcezza: «La vita ti fa andare su e giù, in fondo è ciò che la rende eccitante; perché la vita monotona è troppo noiosa, è una vita che non fa per me».

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