Benny Casadei Lucchi
nostro inviato
a Hockenheim
Un po’ di poesia anche tra pistoni e cilindri. «Lavoro fantastico» urla Michael al suo team. Doppietta. Il tedesco ha appena tagliato il traguardo, dall’abitacolo indica Felipe Massa che sfila in auto al suo fianco, come a dire questa vittoria è anche tua, sei stato grande. Successo numero 89, il quinto dell’anno, mondiale ufficialmente riaperto, Schumi a undici punti dal leader Alonso solo quinto, sei punti rosicchiati via «come un topo - aveva promesso due settimane fa in Francia - gli rosicchierò il vantaggio come un topo». E così è stato. Alonso mai in gara, sempre attardato, sempre disperato con l’assetto e le gomme che si maciullavano e quel mass damper che non c’è più e che forse qualcosa contava. Idem per Fisichella.
Se la Ferrari fa il gatto con il topo, c’è però topolino Massa che fa il proprio dovere per tutta la gara, seconda volta quasi in vetta, capace di proteggere il compagno ma di fargli anche capire che, se solo volesse, potrebbe andare veloce quanto lui: la riprova al secondo pit stop, fantastico e millimetrico nel mantenere le posizioni delle due rosse, il tedesco primo e il brasiliano secondo. Gli chiedono: ma non sembri felice... «Ma sì che lo sono - risponde Felipe - non sto sul gradino più alto, ma prima o poi arriverà il mio momento». Sogni e aspettative di un gregario mai stato gregario, preso sotto l’ala protettiva di tutto il team e incoronato dallo stesso kaiser Schumi. «Felipe è stato grande, meraviglioso nel lavoro fatto in gara e nei giorni scorsi. Queste gomme erano fantastiche e le ha scelte lui».
Vittoria rampante, vittoria di famiglia, con il team unito e strafelice. Monsieur Jean Todt fa di calcolo, dice «Massa è terzo nel mondiale, Schumi avanza a -11 e la Ferrari è a -10 dalla Renault nella classifica costruttori, questa Ferrari che mi sembra quella del 2004», quella dei record aggiungiamo noi. Un Todt stracontento e meno diplomatico del solito quando si lascia addirittura andare e dice «mi porterò come ricordo l’istantanea di questo podio, con i miei tre piloti preferiti».
E chi sono questi tre? I due di cui si sa e poi quell’altro, sì, proprio lui, Kimi Raikkonen, diventato alleato involontario della Ferrari in questa corsa di Germania e ormai sempre più vicino alla Rossa; se lo sarà al fianco di Schumi o accanto a Massa è l’unico dubbio che resta da chiarire. Aspetteremo Monza.
Intanto il feeling tra il finnico e il tedesco, come ai tempi di Hakkinen, cresce anche al di fuori della pista. Gira voce che poco prima del via, in occasione della parata dei piloti, il nordico abbia confidato a Michael che si sarebbe fermato al giro nove, massimo dieci, tanto aveva poca benzina a bordo. Cosa che gli strateghi della rossa avevano capito perfettamente. Nessuna spy story, quindi, solo confidenze fra professionisti che si stimano e valutano le proprie prestazioni. Fatto sta che Kimi si fermerà proprio al termine del nono giro. A quel punto la gara non avrà più storia. Troppo forti per tutti le Ferrari. A quel punto, per Schumi e Massa l’impegno supremo non sarà più spingere al massimo, bensì resistere alla tentazione di appoggiare il gomito sinistro sull’abitacolo, accendersi una sigaretta, sintonizzare la radio su una stazione effemme per ascoltare un po’ di buona musica in attesa che un radio giornale annunciasse loro che, sì, avevano vinto il Gp di Germania. «In effetti ho capito presto che avrei trionfato», confiderà Michael. Perché la sensazione è stata questa, perché Alonso ha fatto a pugni con il cronometro tutta la corsa, sempre distante, capace di prendersi anche due secondi e mezzo al giro dal tedesco che ora gli alita sul collo.
Se da un lato è, dunque, sacrosanta la fierezza Ferrari nel dire e spiegare che di gara cruciale e difficile e importante si è trattato, altrettanto sacrosanta è la certezza che su questa pista lo squadrone rampante ha fatto il bello e cattivo tempo con ampio margine sugli altri. Gli uomini in rosso ti dicono però che la macchina è un missile da marzo, «in Bahrein avevamo pole e secondo tempo - ringhierà Todt - poi 0 punti in Australia, ma sapevamo che la monoposto era ottima».
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