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Uno sciagurato usuraio la scommessa di Sorrentino

Protagonista il caratterista Giacomo Rizzo. Il regista: «L’ho tagliato di sei minuti dopo il Festival di Cannes»

Pier Francesco Borgia

da Roma

Arriva venerdì nelle sale italiane il nuovo film di Paolo Sorrentino, l’autore di L’uomo in più e del pluripremiato Le conseguenze dell’amore. Dopo l’apparizione al Festival di Cannes, L’amico di famiglia (prodotto da Fandango e Medusa) esce in una nuova versione. Il regista partenopeo è infatti tornato in sala di montaggio per tagliare oltre sei minuti della pellicola («soprattutto alcune code. Nel finale sono sempre troppo prolisso» confessa Sorrentino).
Chissà se l’avrebbe fatto qualora il film avesse ottenuto un riconoscimento alla ribalta di Cannes. «Francamente non lo so - ammette il regista -. Per fortuna il problema non si è posto. Quest’estate, rivedendolo, mi sono reso conto che c’era bisogno di una serie di tagli. Tutto qui».
Il film racconta la storia di un usuraio di provincia che vive il suo abietto lavoro come riscatto di una condizione di infelicità esistenziale e di mortificazione sociale. A questo straordinario personaggio, ricco di una velenosa ironia che si alterna con intelligenza fuori dal comune ad una impietosa cattiveria, presta il volto il caratterista napoletano Giacomo Rizzo. «Ho pensato a lui fin dal primo momento - racconta Sorrentino -. Prima ancora di iniziare a scrivere la sceneggiatura. È un attore straordinario».
Proprio nell’interpretazione di Rizzo è la chiave per intendere e apprezzare il film. Almeno nelle intenzioni del regista. «Sono partito dall’idea di combinare il genere della commedia con il tema dell’abiezione - spiega Sorrentino -. Un vero salto mortale, me ne rendo conto. Ma il cinema è fatto di estremizzazioni e di sfide. Altrimenti perché mettersi dietro la macchina da presa?»
Il messaggio che arriva allo spettatore non ammette sconti. Secondo la visione di Sorrentino, non esistono persone assolutamente virtuose ed altre del tutto negative. «In ognuno di noi si nasconde l’abiezione - butta lì il regista -. Sono i numeri a darmi ragione. Di Madre Teresa di Calcutta ce n’è stata una, mentre di personaggi abietti ne è pieno il mondo».
Tagli e ritocchi a parte, Sorrentino garantisce che il senso del film non cambia. Geremia de Geremei, magistralmente interpretato da Rizzo, non rappresenta una «metastasi del genere umano», più semplicemente un «usuraio bruttissimo, lercio, ricco, ossessivo e malato. «Per questo pensa di essere condannato ad una necessaria solitudine - spiega il regista -. Invece non è solo. Perché i personaggi che lo circondano, alla fine, sono tutti come lui. Siamo tutti come lui».
Per Rizzo, che calca le scene del teatro italiano dal ’47 e che è divenuto nel tempo un volto noto della sceneggiata napoletana, è un successo personale che verrà celebrato giovedì a Roma con la consegna per mano di Margaret Mazzantini del premio «Alberto Sordi 2006» per la sua «comicità amara, ma mai inconsapevole».


Nel cast del film, girato nella provincia di Latina («dove ho trovato dei luoghi ancora “incontaminati” dalla sovraesposizione televisiva» dice Sorrentino) figurano anche Fabrizio Bentivoglio, Barbara Valmorin, Gigi Angelillo e la giovanissima Laura Chiatti, già apprezzata interprete dell’ultimo film di Francesca Comencini A casa nostra.

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