Ma perché lessere umano è spesso più umanitario che umano, più buonista che buono, con il risultato, come spiega Alain de Benoist nellarticolo di questa pagina, che la politica e leconomia se ne approfittino? Una risposta ovviamente non cè. Se non, forse, quella dei teologi che vedono nelluomo la traccia nefasta del peccato originale. Sul quesito della bontà, però, scienza, sociologia e antropologia si interrogano da decenni. Tanto per dire: è recentissima e da verificare una scoperta del Dipartimento di Psicologia della Hebrew University di Gerusalemme: a renderci generosi o, al contrario, insensibili sino alla crudeltà sarebbe un gene. I ricercatori sono arrivati a questa conclusione dopo aver studiato la personalità di 203 volontari, nel corso di un test nel quale si poteva scegliere se tenere o cedere una somma di denaro. Acquisiti i risultati, hanno fatto il test del Dna ai volontari. Finiti gli esami Ariel Knafo, a capo delléquipe, ha spiegato alla rivista Genes, Brain and Behavior come le persone portatrici di una variante del gene AVPR1a sarebbero maggiormente propense alla solidarietà. Alla faccia delleducazione che si riceve. Sarà vero? In fondo poco importa se poi questa «bontà» viene convogliata e annacquata dalla politica in buonismo di maniera, in quella che de Benoist chiama «un modo economico per avere una buona coscienza». E in questo senso vengono in aiuto altri studi. Basta dare unocchiata a un saggio divulgativo come quello del notissimo economista Dan Ariely: Prevedibilmente irrazionale. Le forze nascoste che influenzano le nostre decisioni (Rizzoli, pagg. 284, euro 21).
Secondo lui il vecchio adagio di Adam Smith è ancora vero: «La natura quando forma luomo per la società, gli concede un desiderio originale di piacere e unavversione nelloffendere». Se poi la società si accontenta, lascia che il singolo si inganni da solo e si lavi la coscienza (Ariely spiega come)... Beh allora peggio per lei. Non cè Smith o gene che tenga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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