Cronaca locale

Scintille sulla moschea tra la Curia e il Senatur

Secco e diretto, in perfetto stile Bossi: «La moschea a Milano? Spero di no». Così il leader leghista ieri sera ha dato un nuovo stop a un percorso che faticosamente sembrava avanzare, in direzione di uno o più luoghi da destinare alla preghiera dei 50mila musulmani presenti in città.
Umberto Bossi ha opposto il suo auspicio a quello del vicario episcopale della città di Milano, monsignor Erminio De Scalzi, secondo il quale è tempo che i musulmani a Milano abbiano un loro luogo di culto. «Spero di no», ha commentato il ministro prima di affrontare un comizio alla festa della Lega di Melzo, nell’est milanese.
De Scalzi poche ore prima aveva osservato quel che aveva già anticipato parlando con il Giornale: «A Milano mancano luoghi di culto e centri di aggregazione cattolici, in particolare in alcuni quartieri periferici, ma bisognerebbe anche risolvere il problema dell’assenza di una moschea per i fedeli musulmani». Un concetto ripreso in un’intervista pubblicata ieri mattina sul sito della Curia ambrosiana. Tre le situazioni più urgenti secondo De Scalzi: i quartieri periferici di Quarto Oggiaro, Gratosoglio e Barona. Ma anche gli islamici, ha sottolineato il religioso, «hanno diritto ad avere un luogo di culto. È un diritto che la nostra Costituzione riconosce a tutte le religioni. Le grandi città europee hanno una o più moschee. Sento che è giunto il momento, non più dilazionabile, di trovare una soluzione a questo problema».
Un auspicio, quello di De Scalzi, che il cardinale Dionigi Tettamanzi aveva rivolto a politici e cittadini nel discorso alla città dello scorso dicembre, in cui sottolineava che «abbiamo bisogno di luoghi di preghiera in tutti i quartieri della città». La moschea - ha detto il vescovo -, dovrebbe essere «un vero luogo di culto e non altro» e i costi della costruzione dovrebbero essere a carico dei musulmani.

De Scalzi ha sottolineato quindi «la responsabilità che ha la Chiesa di Milano di costruire un clima di maturazione e confronto reciproco», in un contesto in cui «la gente vive con apprensione il passaggio di Milano da città monoreligiosa a multireligiosa».

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