Scommettere sul tempo affare che vale miliardi

da Milano

Scommettere sul freddo o sul caldo, magari guadagnandoci anche, o almeno limitando le perdite. Negli Usa lo fanno da anni ed è diventato un affare miliardario, sette miliardi nel 2002, l’ultimo anno di cui ci sono dati certi disponibili. Ed è una questione che può interessare fasce ampie e consistenti di clientela: tour operator, imprese energetiche, produttori di bevande o di abbigliamento, solo a titolo d’esempio. «Ci sono esempi pratici di grandi tour operator che si coprono dai rischi con i derivati: se hanno un villaggio alle Bahamas possono assicurarsi dallo scostamento delle temperature rispetto alla media e ribaltare questa garanzia sul cliente. Se l’estate è fredda non ci perderà nessuno» afferma Roberto Bosco, presidente dell’Anra, l’Associazione dei risk manager.
Ma lo stesso si può dire per gruppi come Aem, Edison o Eni. Lo scorso anno l’inverno è stato meno freddo del precedente: buon per i cittadini che non hanno rischiato una crisi del gas, meno bene per gli azionisti dei gruppi energetici che hanno visto scendere le vendite di metano. Uno scenario opposto è quello delle bibite: un’estate calda fa salire i consumi, una più fresca li fa scendere. E può essere questione di milioni di litri guadagnati o persi. «C’è un modo per evitare questo rischio e non spendere niente - spiega Bosco - basta ricorrere ai weather collar derivates, derivati che non prevedono il pagamento di alcun premio. Se poi l’estate rimane nei parametri di temperatura normali, nessuno paga niente. Se è più fredda si arriva a rischiare un danno di 3-4mila euro al giorno: la compagnia di assicurazione o la finanziaria intervengono e coprono in parte la perdita.

Se invece è più calda il produttore vende più bottiglie e guadagna di più: in questo caso sarà lui a pagare la società con cui ha concordato i collar, ma, se ha fatto bene i conti, la pagherà meno dei guadagni realizzati con le maggiori vendite».

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