Nel centrosinistra sembra regnare il caos, tutti contro tutti e ognuno contro un governo «appeso a un filo», come dice Dini. Ma chi ha incontrato Romano Prodi nelle ultime ore lo descrive serafico e per nulla preoccupato.
Il premier, raccontano, ripete come un mantra: «Se cado io ci sono solo le elezioni, e nessuno le vuole». Ergo, «non cadrò». Eppure, la scena che ha lasciato «allibiti» i socialisti, saliti martedì a Palazzo Chigi, fotografa un governo «che non può governare, ma solo tirare a campare», come dice Boselli. Quella mattina era arrivata ai socialisti, via fax dal ministro del Lavoro, la quarta bozza dell’emendamento concordato con il governo sui sussidi ai precari. Ma ricevendoli Damiano ha scosso la testa: «Non mi convince quella norma». «Ma come, ce l’hai mandata corretta stamattina!», hanno obiettato loro. Damiano ha allargato le braccia: «Deve esserci stato un errore dei miei uffici». È intervenuto Enrico Letta: «Comunque c’è un problema di copertura». Ha aggiunto il ministro del Lavoro: «E poi i sindacati non sono d’accordo». Boselli si è girato verso Prodi, sbottando: «Ma ci stai prendendo per i fondelli?». Il premier ha allargato le braccia: «Enrico, io non ne so niente... ». La delegazione socialista è uscita furiosa, con l’emendamento cestinato. A sinistra l’aria è ancora più tesa. Rifondazione chiede una «verifica» per gennaio, per «fissare le nuove priorità». Ma Prodi fa il muro di gomma: «Piuttosto che aprirla preferirebbe andare al mare, ma dovremo incalzarlo finché non cede», dice Franco Giordano.
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