Enrico Lagattolla
Concorso morale e materiale in devastazione, incendio, saccheggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie, violazione della legge sulle armi. Sono le accuse contenute nellavviso di chiusura delle indagini firmato dal pubblico ministero Piero Basilone, e contestate a vario titolo a 29 autonomi presenti durante gli scontri di corso Buenos Aires, la mattina dell11 marzo. Venticinque di questi si trovano a San Vittore da oltre un mese e mezzo, due sono recentemente rientrati nella casa circondariale dopo essere stati scarcerati nei giorni successivi alle violenze di piazza, mentre altri due restano indagati a piede libero. Per tutti si profila la richiesta di rinvio a giudizio, che verrà fatta pervenire al giudice per le udienze preliminari Giorgio Barbuto entro i prossimi venti giorni. Il rischio che i ventinove aderenti ai centri sociali vadano a processo, dunque, si fa concreto. E anche se gli inquirenti stanno valutando la posizione di altre persone che quella mattina presero parte ala manifestazione, il periodo delle misure cautelari richieste dalla Procura sembra essersi concluso.
Trenta minuti di guerriglia urbana ricostruiti dal pubblico ministero sulla base delle informative della Digos, dei filmati di televisioni pubbliche e private, delle fotografie scattate dalle forze dellordine, che ritrarrebbero i ventinove come «attori protagonisti» degli scontri verificatisi nel corso della contromanifestazione organizzata dai centri sociali per contrastare il corteo della Fiamma Tricolore, per il quale, oggi, il pm Basilone chiuderà unaltra indagine a carico di una decina di esponenti dellultradestra, per il reato di apologia del fascismo. Gli autonomi (che arrivano da tutto il Nord Italia, e hanno unetà compresa tra i diciannove e i 43 anni), secondo laccusa «portavano con sé artifizi esplodenti, bottiglie molotov, bombe carta riempite di chiodi, razzi pirotecnici, benzina e liquidi incendiari, quindi organizzavano e partecipavano travisati a una contro-manifestazione pubblica, commettevano plurimi atti di devastazione, incendio e danneggiamento». Ancora, «utilizzavano larredo urbano e stradale, cassonetti dellimmondizia e un ciclomotore per costruire una barricata che poi davano alle fiamme, incendiavano e danneggiavano autovetture parcheggiate lungo la pubblica via \, appiccavano un incendio allinterno di un ufficio di propaganda elettorale di An che veniva completamente distrutto, inoltre impedivano con violenza lintervento dei vigili del fuoco, favorendo linevitabile propagazione delle fiamme agli appartamenti sovrastanti, causando gravi pericoli per lincolumità pubblica». Con laggravante di «aver commesso i reati al fine di eseguire il delitto di violenza a pubblici ufficiali e di guadagnarsi limpunità per altri reati commessi». Per un bilancio finale di 24 auto incendiate e danneggiate, di negozi, edicole, vetrine distrutte, dell«An point» andato in fiamme e di 9 tra carabinieri e poliziotti feriti.
Una ricostruzione che non convince il difensore degli indagati, lavvocato Mirko Mazzali. «Evidentemente, linchiesta intende lanciare un messaggio di deterrenza, ma con il risultato che gli indagati rischiano di diventare capri espiatori per qualcosa che non hanno commesso».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.